Appunti di viaggio in Russia (nona puntata)
Isola di Kizhi - Iconostasi nella chiesa dell'Intercessione

Verso il Mar Bianco, la Carelia e l’arcipelago delle isole Solovki, di Paolo Barosso

In due ore di aliscafo da Petrozavodsk si raggiunge l’isola di Kizhi, oggi protetta da una riserva naturale, dove sorge uno straordinario complesso di architettura lignea che comprende chiese, edifici agricoli e isbe, in parte trasferiti qui da altre isole oggi disabitate.

Sorprendente è la cattedrale della Trasfigurazione, eretta nel 1714 per volere di Pietro il Grande, che volle così celebrare, secondo la tradizione fornendo egli stesso il disegno dell’edificio, l’ascesa della potenza russa nell’area baltica.

La chiesa, costruita con tronchi tondi scortecciati, sovrapposti e incastrati alle estremità, è provvista di ben 22 cupole, disposte a livelli diversi, a formare una sagoma piramidale. Cupole e tamburi sono ottenuti incastrando tra loro tavolette di pioppo tremolo, varietà di legno scelta per la capacità di mutare colore a seconda delle condizioni climatiche: con il sole o durante le notti bianche, le cupole scintillano come fossero d’argento.

La chiesa è inserita all’interno di un pogost’, area sacra recintata tipica della Russia del nord, che comprende il cimitero e diversi edifici, tra cui la chiesa dell’Intercessione, più piccola e utilizzata nei mesi invernali.

Nell’architettura russa la cupola è ricca di richiami a concetti religiosi, legati a numero, forma e colore.

L’elmo è la forma usuale delle cupole più antiche, a evocare la Chiesa militante, in armi contro i nemici, la cupola a cipolla, sebbene non vi sia uniformità di opinioni al riguardo, sembra riflettere la fiamma della candela, preghiera incessante rivolta a Dio.

Il colore dorato è in genere associato a Cristo, l’azzurro seminato di stelle alla Madre di Dio, il verde e l’argento alla Trinità o ai santi.

Anche il numero di cupole porta con sé valenze simboliche: una cupola indica l’unico Dio, tre cupole richiamano la Trinità, cinque simboleggiano il Cristo attorniato da quattro Evangelisti, sette i giorni della Creazione o i sette sacramenti, nove cupole rimandano agli ordini angelici, tredici al Cristo con i dodici apostoli, trentatré agli anni di Gesù.

Tra i 76 edifici in legno dell’isola si ammirano poi diverse isbe, le abitazioni tradizionali dei contadini russi.

Dal latino tardo istuba, mediato dal germanico stuba, significa luogo riscaldato e in effetti il cuore dell’abitazione, nell’ampia stanza principale, in cui la famiglia cucinava, mangiava, dormiva, era la grande stufa in mattoni o in argilla, munita di fondamenta, che invece la casa non aveva.

Lo spazio sopra la stufa, provvisto di ripiani, era riservato al sonno di anziani e bambini, mentre gli altri dormivano distesi a terra, con il capo rivolto verso l’angolo delle icone.

Nelle isbe più ricche, articolate su due piani, si adottarono da metà Seicento i primi letti e l’arredo si fece più ricercato.

Comparvero in seguito gli specchi, introdotti vincendo resistenze superstiziose: in Carelia si credeva che lo specchio fosse una finestra sull’aldilà e che attraverso questa via spiriti maligni potessero turbare l’intimità domestica. Per questo era usanza tenerli coperti con asciugamani ricamati con figure tratte dalla mitologia carela, cui si attribuiva la funzione “apotropaica” di esorcizzare le forze del male.

L’illuminazione dell’isba avveniva tramite candele di cera, ma i più poveri ricorrevano a schegge di betulla essiccate al forno dette lucina.

Paolo Barosso

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Articolo pubblicato il 12/09/2018