Trump cancella l'incontro con Putin, al G20 aria di crisi anche su dazi e clima.

Al Cremlino si fanno spallucce ma i russi in Crimea mostrano ancora di più i muscoli.

La crisi in Ucraina fa saltare l'atteso faccia a faccia tra Donald Trump e Vladimir Putin al G20 di Buenos Aires. È stato il presidente americano, a bordo dell'Air Force One diretto in Argentina, ad annunciare di aver deciso di cancellare il vertice con il suo omologo russo. Pochi minuti prima di imbarcarsi, ai cronisti, come spesso gli capita, il tycoon aveva detto esattamente l'opposto, ovvero che era sua intenzione incontrare il russo e che il G20 gli sembrava "il momento opportuno".

 

Neanche il tempo di far salire l'aereo in quota che la versione cambia: "Visto che le navi e i marinai ucraini non sono stati riconsegnati dalla Russia, ho deciso che la cosa migliore per tutti è cancellare l'incontro in Argentina precedentemente programmato con il presidente Putin", ha twittato Trump, auspicando che l'atteso summit si possa svolgere appena risolta la questione ucraina. Il Cremlino, che fino a stamattina aveva confermato il vertice di sabato malgrado le avvisaglie dei giorni scorsi, ha fatto spallucce: "Il presidente avrà un paio di ore in più per incontri utili", ha commentato il portavoce di Putin, Dmitri Peskov.

 

Sul terreno intanto la tensione fra Kiev e Mosca resta altissima, tra accuse incrociate, smentite e manovre militari. L'Ucraina anche oggi ha puntato il dito contro la Russia, sostenendo che alle navi è stato "negato l'accesso ai nostri porti nel Mare d'Azov", creando di fatto un blocco. Il Cremlino ha negato a stretto giro, tirando il ballo le condizioni "meteorologiche". Mentre in Crimea ha preso servizio, in tempi record, la nuova batteria di missili S-400, piazzata giusto a 30 chilometri dal confine ucraino. E si rincorrono le "soffiate" di ulteriori rinforzi delle strutture militari russe nella penisola contesa.

Nell'ordine. Una postazione missilistica antinavale BAL è stata spostata da Sebastopoli a Kerch, proprio nell'area dove è avvenuta la "battaglia navale" di domenica scorsa. Poi è stata fatta trapelare la notizia di lavori "già in corso" di un "nuovo sistema automatizzato di acquisizione di obiettivi sulla superficie del mare", denominato Rubezh, in grado di controllare simultaneamente "fino a 200 obiettivi in modo automatico".

 

Infine è stata annunciata la costruzione di un sistema radar di ultimissimo conio, il Voronezh M, dedicato "all'intercettazione dei missili". In questo caso i lavori inizieranno "nel 2019". Insomma, Mosca mostra i muscoli, semmai ce ne fosse bisogno. D'altra parte la richiesta alla Nato da parte del presidente ucraino Petro Poroshenko di inviare le sue navi nell'area è stata ricevuta in modo nettamente "negativo" dal Cremlino. Peskov ha sottolineato che porre la questione in questo modo mira a "creare ulteriori tensioni e azioni provocatorie basate sugli interessi politici interni pre-elettorali del presidente Poroshenko".

 

La posizione russa è ormai un ritornello martellante. L'attuale leader ucraino vede la sconfitta elettorale alle porte e sta facendo di tutto per innalzare i propri rating. L'annuncio che i cittadini russi residenti in Ucraina subiranno "restrizioni" in virtù dell'applicazione della legge marziale non servirà certo a ridurre la tensione - e neppure il fatto che Kiev intende, a quanto pare, chiedere alla comunità internazionale la chiusura dello stretto del Bosforo per le navi militari russe "in base al paragrafo 19 della Convenzione di Montreux".

 

Resta da vedere fin dove arriverà il gioco delle parti. Mosca, pur ringraziando per l'interessamento, ha rifiutato un'altra offerta di mediazione, questa volta dalla Turchia, arroccandosi sempre più su se stessa. "Tutti coloro che desiderano contribuire e ne hanno l'opportunità possono farlo esercitando pressioni su Kiev", ha detto il Cremlino. E su questo punto, in un certo senso, ci ha pensato Berlino a gettare acqua sul fuoco, respingendo la richiesta di Poroshenko di avere il sostegno della navi da guerra tedesche: "Non vogliamo la militarizzazione del conflitto", ha dichiarato il ministro degli Esteri Heiko Maas.

 

cdt.ch

 

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Articolo pubblicato il 30/11/2018