Se l’Europa provasse a giocare all’inglese

Potrebbe prendere spunto dal calcio

Un’Europa in mezzo al guado, che non riesce a trasformarsi da unione economica e monetaria in politica, potrebbe prendere spunto dal calcio e cercare ispirazione nella storia e nelle istituzioni della Gran Bretagna

A tre anni dal referendum sul disancoramento del Regno Unito dall’Europa vinto dai brexiters, la stagione calcistica europea ci ha regalato un finale dominato dalle squadre britanniche, con Liverpool e Tottenham in campo a Madrid il primo giugno per la finalissima di Champions e Arsenal e Chelsea che si disputeranno due giorni prima a Baku, in Azerbaijan, il titolo dell’Europa League.

Oggi il calcio inglese (tre delle quattro squadre sono londinesi, la terza della città natale dei Beatles nel Nord Ovest dell’Inghilterra) è un modello non solo di gioco, ma anche di cultura sportiva dentro e fuori dagli stadi, da quando a metà degli anni Ottanta Margaret Thatcher fece passare agli hooligans la voglia di menare le mani a forza di manganellate e di soggiorni ripetuti nella galere di Sua Maestà senza attese del terzo grado di giudizio. L’apoteosi del calcio britannico della stagione europea 2019, che si chiude sventolando il vessillo britannico – la Union Jack – ci sta dicendo qualcosa su come andrà a finire il tormentone della Brexit e più in generale sui destini di un’Unione europea che si avvia al voto del 23-26 maggio con istituzioni a dir poco scricchiolanti?

 

CHI HA DA PERDERE E CHI DA GUADAGNARE DAL DIVORZIO?

 

Dal giugno di tre anni fa il mantra prevalente a Bruxelles e nelle altre capitali europee, Londra inclusa, è che la Gran Bretagna ha tutto da perdere e quasi niente da guadagnare a star fuori dall’Unione. Ma c’è anche, e non sono proprio pochissimi, chi pensa che per l’Europa la perdita della Gran Bretagna è più grave di quanto non sia per il Regno Unito la perdita dell’appartenenza all’Unione. L’economia, e in parte anche la finanza, danno ragione ai primi. Soprattutto se Bruxelles dovesse punire gli inglesi alla Trump, con dazi e barriere alla circolazione di merci e capitali.

 Ma la struttura sociale non è fatta solo di economia e finanza, ma anche di altre istituzioni, come la giustizia, la politica, la difesa. Senza andare troppo indietro nel tempo fino alla prima metà del 1600, quando i britannici allargavano l’impero oltre Atlantico mentre gli europei erano impegnati a scannarsi senza pietà nella Guerra dei Trent’Anni, almeno dai tempi di Napoleone l’Inghilterra è stata l’àncora a cui l’Europa si è agganciata per non finire macellata nelle sue ricorrenti guerre civili. Per quasi due secoli e mezzo Londra è stato il Lord Protettore dell’Europa e ne ha garantito in qualche modo l’equilibrio senza interferire troppo direttamente nelle vicende nazionali.

Si può aggiungere che la Gran Bretagna, nonostante la mediocrità dell’attuale classe politica, resta con le sue istituzioni un modello per il resto del mondo, e non solo per l’Europa, grazie a un sistema politico sobrio ma effettivo, collaudato nei secoli, che non ha bisogno per funzionare di riforme costituzionali o elettorali ogni qualche anno, e grazie a un sistema giudiziario che è l’invidia del resto del pianeta, perché garantisce con rapidità e efficienza la certezza del diritto senza bisogno di celebrare o anticipare i processi sui giornali e in televisione.

 All’elenco si può aggiungere una stampa indipendente, secondo il vecchio detto inglese per cui i giornalisti hanno con i politici lo stesso rapporto che hanno i cani con i pali della luce, possono farci sopra la pipì quando vogliono e senza chiedere il permesso. E anche un sistema di sicurezza e di difesa che ha pochi eguali al mondo, nonostante le dimensioni del paese. Gli inglesi fanno molte meno guerre degli americani, ma quando le fanno quasi sempre le vincono, da Napoleone alle Falkland, passando per quella non proprio facile contro i Boeri in Sud Africa. Contro i coloni americani non è andata così, forse perché alla fine erano inglesi anche loro.

 

LA BCE È PIÙ SOLIDA MA LA SUPPLENZA NON BASTA

 

L’Europa in mezzo al guado di oggi, che non riesce a far diventare politica l’unione economica e monetaria, può far davvero a meno dell’eredità britannica? Più che pensare a punire i britannici perché hanno osato votare per uscire dall’Unione, gli europei dovrebbero forse cercare ispirazione nella Gran Bretagna per capire quale strada intraprendere per avvicinarsi al traguardo dell’unione politica.

 Quella economica e monetaria ha tenuto anche perché un certo Mario Draghi ha impedito che l’euro collassasse tirandosi dietro tutto. Ma gli uomini passano, il capo della Bce passa la mano ancora non si sa a chi tra poco più di cinque mesi, quelle che restano sono le istituzioni, se ci sono. Oggi la Bce è sicuramente un’istituzione più solida di quella ereditata dall’italiano sette anni fa dal francese Trichet, ma le sue possibilità e capacità di fare da supplente a una politica che non c’è sono limitate. Le elezioni che inizieranno tra una decina di giorni nei 28 paesi dell’Unione non saranno la soluzione, anzi renderanno il problema più evidente.

 

BOTTOM LINE

 

Ci vorrebbero dei padri fondatori, come quelli che nel 1776 le suonarono agli inglesi per poi diventarne i migliori amici. Per costruire un’unione politica europea traendo ispirazione dalla storia, dalla cultura e dalle istituzioni britanniche magari si potrebbe cominciare inaugurando la nuova legislatura europea con un bel pellegrinaggio a Westminster dei neo eletti parlamentari continentali.

La data giusta potrebbe essere il 23 giugno, terzo anniversario della Brexit.

 

(Da FinanciaLounge)

 

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Articolo pubblicato il 14/05/2019