Alitalia: la farsa continua. Nuova gara e piano tagli e tutto slitta al 31 maggio

Il Cdm approva il decreto legge per sbloccare il prestito ponte

Alitalia è tutto da rifare. Abbiamo bruciato milioni, ma va  bene così!. Dopo due anni e sette mesi di amministrazione straordinaria e tentativi di vendita, tra infinite scadenze e relative proroghe (8 solo nell'ultimo anno), il Governo, non essendo riuscito a conquistare la credibilità degli investitori, continua a mestar nel torbido e sceglie la strada di un nuovo bando di gara, che verrà accompagnato da un piano di tagli (tutto da verificare) e riorganizzazione per rendere la compagnia più appetibile.

Ristrutturazione necessaria perché, spiega il vice ministro dello sviluppo Stefano Buffagni, "altrimenti è invendibile, lo dicono i fatti". Il nuovo percorso arriva con un decreto legge ad hoc, varato dal consiglio dei ministri nelle serata di lunedì scorso, che sblocca anche i 400 milioni di prestito ponte e concede altri sei mesi per la nuova procedura, fissando al 31 maggio 2020 il termine per il trasferimento degli asset.

Ma dall'Ue arriva un altolà sul nuovo prestito: le misure che coinvolgono aiuti di Stato - avverte un portavoce della Commissione - non possono essere concesse senza essere state prima notificate a Bruxelles e avere ricevuto l'ok. "Oggi noi interverremo anche con modifiche legislative perché è evidente che l'azienda ha bisogno di una ristrutturazione e quindi ci adopereremo per garantire la tenuta occupazionale ma anche per renderla competitiva e appetibile per il mercato perché evidentemente senza il pubblico qualche criticità c'è", spiega Buffagni.

Un percorso che il Governo italiano ha già "negoziato con la Commissione Ue", assicura la ministra delle infrastrutture e trasporti Paola De Micheli, che vede "tutti i margini negoziali per la Commissione per arrivare ad affrontare questo dossier nel massimo della tranquillità reciproca".

Quello che si sta ipotizzando, prosegue De Micheli, è "una soluzione per i prossimi mesi che ci consenta di rendere Alitalia più competitiva" e di "rilanciare una grande azienda italiana". Un obiettivo su cui concorda anche il leader M5s Di Maio, che però ora chiede che ora si faccia un cambio di passo: "Tutti siamo d'accordo che dobbiamo dare una chance a questa compagnia ma è arrivato il momento anche di fare un'azione di responsabilità sugli amministratori".

Il serafico Giuseppe Conte, ha dichiarato: “Non c’è una soluzione di mercato”. Amara conclusione dopo quasi un anno e mezzo di governo Conte 1 e 2. E’ lui che ha governato, insieme a Luigi Di Maio, ministro dello Sviluppo Economico, responsabile del dossier Alitalia, cui è succeduto Stefano Patuanelli (M5S).

Se non c’è una soluzione di mercato, che cosa si intende fare? Qui come già riportato ci si affida alle frasi fatte, dimenticando gli insuccessi del passato recente e remoto. Cosa faranno i grandi geni che occupano Palazzo Chigi? La nazionalizzeranno, come proposto da Patuanelli, cioè per continuare ad accollare la gestione e i debiti al contribuente italiano, già oberato di tasse?

L’Alitalia ha un problema di gestione e di costi che non sono compatibili con il mondo del trasporto aereo. Da tempi immemorabili è diventata il porto sicuro e ben remunerato di galoppini dei politici e di sindacalisti a tempo pieno. Non è in grado di competere con le compagnie aeree di rilevanza.

Falliti gli accordi con KLM, dopo un periodo di prova, con AIR France, con compagnie orientali, tanto meno con Lufthansa. Oggi dietro i paroloni di circostanza si parla pure di liquidare Alitalia, vendere gli asset (aerei, slot, manutenzione, gestione, ecc.).

Altra cosa è quella di proporre un nuovo piano industriale, ma occorre trovare soci disposti a metterci i capitali e, dopo le esperienze passate e quel che è successo con la Arcelor Mittal (cambiare le regole del gioco a gioco iniziato), la fiducia degli imprenditori e del mercato è piuttosto scarsa. Infine, c’è la scelta scellerata, ampiamente caldeggiata dai grillini, della nazionalizzazione priva di certezza, visti i trascorsi, ossia che Alitalia diventi una compagnia aerea in grado di volare continuando a mettere la mani nelle tasche dei contribuenti italiani.

 

 

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Articolo pubblicato il 04/12/2019