2020: L’Anno dei morituri della Politica

Nessuno nella maggioranza vuole la caduta del governo, tutti guardano alla scadenza naturale del 2023. Ma questo non è un bene per l'Italia.

Abbiamo ascoltato saluti, concioni e proclami di fine d’anno da più parti, con la consueta scia dei commenti, ma, scendendo nel concreto, cosa ci riserva il nuovo anno nella politica italiana?

 

L’eredità dei vecchi problemi non risolti, a partire da quello scottante della giustizia, sino alla revoca della concessione ad Autostrade.   

PD e Italia viva non condividono né l’abolizione della prescrizione né l’impostazione della riforma Bonafede, ma mentre i primi sono alla ricerca di una impossibile mediazione, i secondi hanno più volte dichiarato di essere pronti a votare la mozione di Forza Italia, che cancella la riforma. 

 

Se avranno il coraggio di farlo davvero ( cosa auspicabile ma di cui è lecito dubitare), e se tutta l’opposizione fosse compatta, al Senato la riforma Bonafede potrebbe cadere, e con essa l’abolizione della prescrizione.  In questo caso cadrebbe anche il governo, visto che i 5Stelle hanno sempre dichiarato “l’obbrobrio giuridico” un punto irrinunciabile? 

 

Crediamo di no, neppure in questo caso il governo cadrebbe, perché gli appetiti sono insaziabili.

Troveranno un motivo qualsiasi, parleranno di “senso di responsabilità” o di qualche altra cavolata, ma non imboccheranno la strada di elezioni anticipate (Mattarella è stato categorico, dopo questo governo ci sono solo le urne), perché elezioni significa per i 5Stelle sconfitta certa e dimezzamento (almeno) dei parlamentari, ben oltre alla diaspora odierna. 

 

In realtà nessuno nella maggioranza vuole la caduta del governo, pur continuando a differenziarsi e a litigare, tutti guardano alla scadenza naturale del 2023.

La tavola è ben apparecchiata, ci sono centinaia di nomine importantissime da fare, e nomine vuol dire potere, influenze e soldi, tanti soldi che potrebbero ricadere a vantaggio di chi non ha mestiere.  Senza tralasciare l’elezione di un Presidente della Repubblica amico da portare a casa.

 

E poi c’è il PD che ha concepito un piano strategico ambizioso, quello di inglobare definitivamente i rimasti dei pentastellati dopo le divisioni alimentate dalla cacciata di Paragone, nel campo del centrosinistra.

Parrebbe che  lo stesso Grillo (per quel che può ancora contare) si sia fatto convincere e c’è chi ha prospettato a Conte il ruolo di candidato premier di tutto lo schieramento progressista.

 

Se questo piano andasse in porto il centrosinistra potrebbe tornare competitivo nei confronti del centrodestra, ma occorre tempo per far maturare la svolta, convincere i non pochi riottosi, costruire un minimo di programma comune, ecc.

Sempre che i pochi rimasti dopo la polverizzazione in corso del M5S, rendano possibile e vantaggiosa quest’operazione.

Intanto il Presidente del Consiglio ha dichiarato solennemente che sta apparecchiando una sorte di conclave con tutte le forze di maggioranza per preparare un piano di riforme per i prossimi tre anni: martedì 7 gennaio vuol cominciare.

 

Ieri  per predisporre il consueto papocchio si è già tenuto un incontro definito “cordiale” tra Di Maio e Zingaretti, ma il clima dopo le ultime bordate di Di Battista contro Di Maio è tesissimo all’interno del M5S.

Con l’amaro in bocca dobbiamo convincerci che pur assistendo alle risse, alle dichiarazioni  roboanti, dovremo sorbirci il governo rossogiallo fino alla fine, o quasi, della legislatura. 

 

E questo non è certo un bene per l’Italia, ribadiamolo.

Perché l’azione del governo è sempre più permeata dalla cultura postribolare dei grillini, dal loro giustizialismo, dal loro antindustrialismo, dalla loro incapacità di comprendere i problemi di una società moderna e complessa, dalla voglia sadica e perversa di trascinare il Paese nel baratro del sottosviluppo, dell’assistenzialismo intriso di tentacoli del clientelismo più opaco e rischioso per le stesse istituzioni.

 

L’Ilva è lì a dimostrarlo, con i capitali sprecati, la perdita di una quota fondamentale di produzione di acciaio, per non tacere sul  messaggio disastroso lanciato agli investitori stranieri.

C’è poi  l’ennesimo rinvio della questione Alitalia (un’azienda che ormai dovrebbe solo esser lasciata fallire) che ci costerà ancora un “prestito” di 400 milioni che non saranno mai restituiti; e insieme le centinaia di crisi aziendali aperte e delle quali nessuna è stata risolta.

 

Ciliegina sulla torta per far emergere le concezioni dittatoriali dei grillini nei rapporti tra Stato e cittadini, l’ha annunciata ieri l’ochetta ministra Paola Pisano che ha solennemente promesso l’istituzione di una “password di Stato per accedere ai siti e fare acquisti on line”.

Il massimo dell’invadenza dello Stato nella vita degli italiani, già messa in opera con la limitazione delle possibilità di prelevare contanti, obbligando i cittadini a certificare ogni spesa tramite carta di credito e moneta elettronica.

 

Per non tacere gli scempi di una politica estera affidata al ministro Di Maio incapace, prima ancora che incompetente. La nostra posizione in Libia è disastrosa. Abbiamo tentennato per mesi senza prendere un’iniziativa seria, senza riuscire a coinvolgere i nostri partner occidentali, senza mai scegliere di appoggiare seriamente Al Serraji o di garantirci comunque una presenza e una difesa dei fondamentali interessi petroliferi.

 

E ora la situazione in Libia è diventata esplosiva e dagli esiti imprevedibili.

Si è ormai affermata la competizione tra i russi e i turchi. Rischiamo seriamente di rimanere esclusi dal campo degli interessi petroliferi, ma nessuno se ne preoccupa.

In compenso Di Maio continua a flirtare con la Cina, irritando Trump che ci punisce con i dazi sui nostri prodotti. Il medio oriente  è in fiamme ed il Governo è latitante. Il premier Conte parla per schemi nient’affatto attinenti.

Siamo ormai un Paese macchietta nello scacchiere del mondo con un presidente del consiglio presuntuoso e  neghittoso.

 

Gli smandrappati del M5S da Di Maio all’Appendino, non hanno combinato che guai, con la loro visione antitetica al progresso ed al benessere dei cittadini.

Purtroppo per ragioni di bottega, anche il PD e gli altri accoliti al governo, tengono la coda a questi cialtroni, senza aver il coraggio di ribaltare il banco. Ma i numeri residuali del M5S che già emergeranno con i previsti risultati delle elezioni in Emilia Romagna, potrebbero determinare svolte ad oggi imprevedibili.

 

Intanto un politico di lungo corso come Graziano Delrio profeticamente dichiara “Le crisi di governo avvengono quando meno te lo aspetti, avvengono e basta".

 

 

 

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Articolo pubblicato il 05/01/2020