I due innamorati che fotografarono la guerra

Amore e fotografia: Robert Capa e Gerda Taro

In questa fotografia in bianco e nero possiamo osservare una coppia bellissima; due persone votate l’una all’altra; due persone davvero innamorate.
Non sono due attori, ma due fotografi, e non due fotografi qualunque.

Lui è Robert Capa, il più grande fotografo di guerra di tutti i tempi, lei è Gerda Taro, la sua musa, discepola e amante, nonché la prima fotoreporter a morire sul campo.

Lui

Robert Capa, pseudonimo di Andrè Friedmann, è stato il prototipo del fotografo di guerra: la sua fu una vita spericolata fatta di donne, grandi bevute e un’attrazione fatale per il pericolo. Era consapevole del fascino del proprio personaggio, che in effetti attraeva allo stesso tempo belle donne e approfittatori.
Le sue foto erano però meno improntate al “glamour”: raccontavano di sofferenza, miseria e caos La sua carriera coincise con uno dei periodi più bellicosi della storia, e Capa non perse mai l’occasione di essere al fronte, pronto ad affrontare la morte per raccontante la guerra.

Robert documentò cinque diversi conflitti: la guerra civile spagnola, la seconda guerra sino-giapponese, la Seconda guerra mondiale, la guerra arabo-israeliana e la prima guerra d’Indocina.

Nella sua fotografia, lo sguardo è completamente immerso nella realtà che vuole rappresentare; cerca di limitare al minimo i filtri e le barriere tra fotografo e soggetto. Si fa contaminare dalla vita e dall’uomo.

“Se le tue foto non sono buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino”,  recita la sua frase più famosa. Insomma, l’importante è stare dentro alle cose.
Si distinse come fotografo anche in tempo di pace, ritraendo artisti e attori e documentando la vita decadente e opulenta dei ricchi europei.

Lei

Gerta Pohorylle, meglio conosciuta come Gerda Taro, e soprannominata “la ragazza con la leica”, è nota per i suoi reportage di guerra oltre che per essere stata la compagna di Robert e per aver stabilito con il reporter un forte sodalizio professionale.

Nello stile di Gerda predomina l’individuo, i suoi scatti mettono a fuoco i protagonisti della guerra, le vittime, i combattenti, le donne e i bambini; immagini forti che descrivono, in punta di obiettivo, l’evento storico che anticipò come un tragico prologo la Seconda guerra mondiale.
Le sue foto sono come la sua vita tumultuosa, simile a una corsa a perdifiato, una vita segnata da forti passioni, da un’incredibile vitalità e da un desiderio di affermazione e di emancipazione che, storicamente, le donne avrebbero raggiunto solo molto più tardi.

Questa vita viene spezzata dai cingoli di un carro armato che la travolge proprio mentre torna dalla battaglia di Brunete dove aveva realizzato il suo servizio più importante, che venne pubblicato postumo sulla rivista “Regards”.
Sotto quel carro armato si spengono i sogni, l’entusiasmo e la breve ma intensa vita della giovane Gerda.

Trasportata a Madrid, la fotografa resta cosciente per alcune ore, giungendo a vede un’ultima alba: quella del 26 luglio 1937; il suo corpo viene riportato a Parigi, la patria della sua vita da artista, e,

accompagnato da un corteo funebre di duecentomila persone, viene tumulato al cimitero del Père Lachaise, nella zona dedicata ai rivoluzionari e alla Resistenza. Pablo Neruda e Luis Oragon lessero un elogio in sua memoria.

La coppia.

La Taro fu una stella cometa che nella ville Lumière degli anni folli, magistralmente descritta da Ernst Hemingway in “Festa mobile”, travolge le vite degli amici e degli amanti con un’energia inesauribile.

E’ a Parigi che Gerta conosce Andrè, ebreo comunista ungherese e fotografo, che le insegna le tecniche del mestiere.
Formano una coppia e iniziano a lavorare insieme.

L’atmosfera magica della città e l’estro creativo e vulcanico della giovane la portano a creare per il compagno una figura del tutto nuova. Nasce così Robert Capua, un fantomatico fotoreporter americano giunto a Parigi per lavorare il Europa.
Con questo pseudonimo il mondo intero conoscerà Andrè e il fotografo finirà per sostituirlo al suo vero nome, conservandolo per tutta la vita. Anche lei cambiò il suo nome, e divenne Gerda Taro.

Nel 1936 entrambi decidono di seguire sul campo gli sviluppi della guerra civile spagnola. Si tratta di una scelta importante che li coinvolgerà e segnerà così profondamente da farli diventare due tra i più importanti testimoni del conflitto, che seguono e raccontano al mondo attraverso scatti sensazionali e numerosi reportage pubblicati su periodici.

Nella fotografia in bianco e nero li vediamo mentre si sorridono con complicità in un caffè di Parigi. E’ il 1935, e due anni più tardi Gerda morirà. Robert Capa la piangerà per tutta la vita e non si sposerà mai, conservando in tasca questa fotografia per quasi vent’anni, fino alla sua morte in Indocina. Lui continua i suoi reportage ad alto rischio fino al 1954, in Indocina, quando morirà sopra a una mina.

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Articolo pubblicato il 15/12/2020