Caos ddl concorrenza: Previste penali per contratti telefonici e televisivi

Dopo aver promesso di abolirle definitivamente, il governo regolarizza le pratiche commerciali scorrette attuate dagli operatori telefonici e televisivi

La prima bozza del #ddlconcorrenza ha rappresentato una schiarita tra le nuvole burocratiche di questo paese. L’abolizione della scorretta penale sui contratti telefonici avrebbe reso finalmente credibile l’opera di liberalizzazione avviata da Bersani nei due decreti 2006-2007. Ma siamo in Italia, il paese che #rottamalatutela come hanno ricordato numerosi tweet lanciati in questi giorni. Disegno di legge alla mano, scorrendo fino all’art. 16 comma 3-ter si può leggere “Il contratto stipulato con operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazione elettronica…nel caso di risoluzione anticipata…l’eventuale penale deve essere equa e proporzionata al valore del contratto e alla durata residua della promozione offerta”.

Con queste parole, non solo si smentisce la bozza che prometteva di abolire o perlomeno ridurre le penali sui contratti, ma addirittura si rende legale l’utilizzo di queste pratiche, annullando di fatto le istanze auspicate nel decreto Bersani. Se prima di questo decreto era possibile contestare le penali, in quanto in contrasto con le leggi, se passerà questo ddl le pratiche commerciali scorrette diventeranno a norma di legge. Più che di decreto concorrenza parliamo di un vero e proprio “ddl anti-concorrenza”. Sarà infatti molto più difficile cambiare operatore senza incorrere nelle penali.

Un palese regalo alle compagnie telefoniche e televisive, che potranno ricattare i propri clienti con penali proibitive. Se ad esempio un utente sta usufruendo di un offerta con Vodafone o Sky di 12€ al mese per 24 mesi invece di 35€, se deciderà di passare a Tim o Mediaset Premium, oppure se vorrà semplicemente staccare il telefono o non usufruire più di una pay TV prima della scadenza del contratto, dovrà pagare non solo i costi di disattivazione ma anche gli sconti usufruiti. I casi più eclatanti riguardano gli abbonamenti con smartphone, dove un utente può arrivare a spendere cifre che vanno dai 400 ai 1000€ per disattivare in anticipo un offerta, spendendo di fatto maggiormente rispetto all’acquisto immediato.

AltroConsumo non si è fatta attendere e ha subito protestato aspramente contro questa riforma.

Nel frattempo una ricerca della commissione europea mette l’Italia al 25 posto su 28 nella classifica sull’uso di internet. Un dato certamente collegabile all’inefficienza dei provvedimenti attuati finora in campo concorrenziale e in quello dell’informatizzazione.

Che senso ha parlare di libero mercato e flessibilità quando nel 2015 si continuano ad approvare riforme di questo tipo?

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Articolo pubblicato il 25/02/2015