Audizione della IV Commissione del Comune di Torino sui Livelli Essenziali di Assistenza

Una parte significativa della popolazione non riesce ad accedere ai farmaci, agli esami medici e alle cure sanitarie

Giovedì 20 ottobre si è riunita la IV Commissione Cultura del Comune di Torino per l’ Audizione delle Associazioni disabili, anziani, Organizzazioni sindacali e confederali, pensionati, referenti dell’ordine dei medici, delle ASL, delle ASO e della SIMEU, sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

Da troppi anni la Sanità scarica sul Sociale il problema del sovraffollamento dei Pronto Soccorso, dei reparti ospedalieri, della difficoltà di accedere alle cure da parte di una fascia della popolazione composta da anziani malati cronici non autosufficienti, persone con demenza o con grave carenza di salute, con liste di attesa non di mesi ma di anni. Diciamo da tempo che gli anziani  sono una risorsa per il Paese: è verissimo, ma solo se sono ancora attivi e in buona salute fisica e psichica; in caso contrario, non solo non rappresentano più una risorsa, ma diventano un peso notevole sia in ambito sanitario che nel sociale.

E’ quindi prioritario, provvedere con LEA efficienti, tempestivi e accessibili finanziariamente, in grado di assistere pienamente questi soggetti.

Come ribadito più volte dall’Ordine dei Medici di Torino, gli anziani malati cronici non autosufficienti e le persone colpite da demenza senile, sono soggetti di gravi patologie che hanno avuto come esito la devastante compromissione della loro non autosufficienza e pertanto hanno in tutti i casi esigenze socio – sanitarie indifferibili.

Ne deriva che la piena titolarità sulla cura di queste persone ed anche di quelle con grave carenza di salute, grave disabilità, autismo e limitata o nulla autonomia,  è in capo al settore Sanitario ( ASL-Regione-Fondo Sanitario Nazionale).

Al Comune di Torino spettano funzioni integrative delle prestazioni socio sanitarie, specialmente quelle relativi al pagamento dell’ integrazione rette alberghiere in RSA. La valutazione sociale  dei soggetti, oggi soprattutto economica, è utilizzata dalle ASL per negare o ritardare l’accesso alla prestazione socio-sanitaria, anche se l’interessato non chiede l’integrazione economica del Comune, creando così una grave discriminazione tra malati. Deve anche essere rifiutata la corresponsabilità nella valutazione sanitaria, premessa politica per scaricare la competenza su persone gravemente malate e non autosufficienti al Comune, che non ha titolarità in materia sanitaria e quindi non deve versare alcuna somma tranne le quote per l’integrazione delle rette.

La situazione torinese è particolarmente grave: sono oltre 10.000 i cittadini malati di queste tipologie e in attesa , anche da diversi anni, di ottenere il riconoscimento del loro diritto all’assegno per le cure domiciliari, alla frequenza di un centro diurno, al ricovero presso una residenza sanitaria assistenziale (RSA), con gli oneri sanitari a carico delle ASL.

Inoltre, sono circa 5400 gli assegni di cura domiciliari a Torino che potrebbero cessare in quanto attualmente in proroga dalla Regione Piemonte sino al 31 gennaio 2017 e di cui soltanto il 5 % avrebbe diritto ancora ad un contributo del Comune ( se venisse abolita la quota sanitaria), per le scellerate politiche regionali di scaricamento in assistenza,  del versamento relativo alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari di “assistenza tutelare alla persona” fornite da parenti o da soggetti a carico dei parenti stessi.

Secondo il Coordinamento Sanità e Assistenza fra i movimenti di base (CSA) e la Fondazione Promozione Sociale Onlus, da questa situazione ne deriva la necessità di iniziative urgenti verso la Regione, il Parlamento nazionale e quello europeo, per il diritto prioritario alle cure domiciliari, sanitarie e socio-sanitari, comprensive come prestazioni Lea, delle prestazioni non professionali di assistenza tutelare, svolte nelle 24 ore dai congiunti direttamente o con l’aiuto di personale privato.

Occorrono azioni di sollecitazione e pressione nei confronti della Giunta Regionale, affinchè le prestazioni socio-sanitarie domiciliari  vengano finanziate dal Servizio Sanitario Nazionale e siano ricomprese nei LEA

Deve essere ribadita l’indifferibilità delle prestazioni residenziali per le persone malate con disabilità e non autosufficienti e l’illegittimità delle liste di attesa.

Occorre sollecitare l’apertura di un “tavolo” LEA-Regione – territorio per la predisposizione del regolamento della Legge Regionale 10/2010, di modo che le prestazioni socio sanitarie assicurate in modo informale dai familiari o da personale privato siano ricomprese nei LEA con la compartecipazione alla spesa per il 50% del costo da parte delle ASL.  Altra richiesta è il riconoscimento di un contributo forfettario di almeno 20/25 euro al giorno (contro i 50 euro che la  ASL verserebbe nel caso l’utente fosse ricoverato in un struttura socio- sanitaria- residenziale a carico della Sanità).

Infine occorrono azioni di sollecitazione / pressione nei riguardi del Parlamento perchè quanto sopra sia inserito nei nuovi LEA.

Ad oggi da parte governativa non c’è ancora alcun riscontro. Peraltro, da quanto sopra evidenziato risulta chiaramente che il problema base è quello di dotare il sistema sanitario e socio-assistenziale di notevoli risorse finanziarie, onde far prevalere la tutela della salute del malato non autosufficiente rispetto alla questione economica.

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Articolo pubblicato il 22/10/2016