Manuel Lozano Garrido "Lolo", un giornalista missionario, il suo impegno nella sofferenza, ed il suo "Decalogo".

Un giornalista che, pur non smettendo mai di svolgere il proprio mestiere ha irradiato  serenità ed allegria per tutta la durata della sua vita, regalando una grande serenità ai propri lettori ed alle persone che gli sono state accanto, diventando un esempio di grande tenacia ed inesauribile energia nonostante le gravi condizioni in cui sia venuto a trovarsi ad un certo punto della sua vita.

ERH2Q4Emanuele Lozzano Garrido, detto " Lolo ", era un giovane di Azione Cattolica, nato a Linares (Jaén, Spagna) nel 1920. All'età di 22 anni una paralisi lo costrinse a rimanere seduto su di una sedia a rotelle per il resto della sua vita e come se non bastasse gradualmente divenne cieco per gli ultimi nove anni di vita. Questa in sistesi la sua tragica storia, pur tuttavia quest'uomo ha mantenuto costante la gioia mantenendo un sorriso permanente sul suo volto perché Lolo era una creatura di Dio. Dopo aver coltivato per anni la componente spirituale della sua esistenza,  divenne missionario dichiarandosi innamorato del Signore, affermando  di volerlo servire fedelmente in ogni momento della sua vita.

Fu un ammirevole membro della Azione Cattolica che, oltre a dedicare il suo tempo e la sua esistenza a Cristo fu anche giornalista impegnato diventando un convinto sostenitore del giornalismo al servizio di chi soffre, un convinto sostenitore della diffusione dei libri, considerando sempre la sua macchina da scrivere come una vera e propria arma per poter comunicare la verità che scaturisce dalle preghiere e dal volersi dedicare completamente alle persone che soffrono.

La sua prerogativa fu quella di riuscire ad intravedere la bellezza e la luce inWRTHJTR ogni circostanza, anche in quelle più dolorose e  difficili; sosteneva infatti:" quello che ci si offre nei giornali attirando il nostro interesse, non è altro che quel fiume della vita che rinforza l'organismo e riscalda dolcemente l'intelligenza ". Prima che compisse   16 anni,  era cominciata in  Spagna una guerra destinata a trasformarsi anche in una durissima persecuzione religiosa. Furono  martirizzati numerosissimi sacerdoti ed anche molti laici e venne proibito il culto delle chiese.

A causa della sua attività religiosa Lolo venne portato in carcere, ma non perse mai l'allegria e il buonumore sorretto dalla sua incrollabile fede. Riuscì a coinvolgere i compagni di cella nella recita del Rosario, ricostruendosi la corona con  fili di scopa, su cui vennero fatti i nodi necessari alla recita di quella preghiera. In carcere riuscì anche a ricevere il Santo Sacramento grazie alla visita della sorella, che l'aveva nascosto in un mazzo di fiori.


YTLIòUòòNel 1942 rimase  bloccato dalla malattia che appena un anno dopo, lo debilitò del tutto.  Un medico, dopo averlo visitato,  affermò: " è come se avesse uno spillo conficcato in ogni millimetro della sua pelle", poi nel 1962 cominciò a perdere la vista, giungendo rapidamente alla cecità completa. Nonostante questa grave situazione della sua esistenza, vissuta in una immobilità e cecità totale, gli anni della malattia,  furono  i più fecondi ed attivi, tanto da poter affermare che Lolo in realtà non abbia vissuto  51 anni, ma solo i 28 trascorsi  bloccato sulla sedia a rotelle, anni in cui ebbe a vivere con grande gioia la sua " vocazione di malato". È ammirevole l'esempio offerto da una  figura come Lolo donato all'umanità sofferente perché, pur gravemente provato, continua a non conoscere la depressione e la tristezza, tanto che padre Roger di Taizè coniò la definizione di " Sacramento del dolore ". La sua condizione di malato grave purtroppo permise che  un suo aggravamento passasse inosservato e non venisse diagnosticato rapidamente; morì in tutta serenità il 3 novembre del 1971 ed il 12 giugno del 2010 venne beatificato. Per la sua mirabile accettazione delle sofferenze, oggi è il primo giornalista di cui si propone l'esposizione di un suo articolo ai fedeli,  come seconda lettura della " liturgia delle ore ".

Lolo, oltre il tesoro dei suoi insegnamenti, ci  ha lasciato il suo “decalogo del giornalista”, estremamente attuale ed utile, trattandosi di una serie di indicazioni dedicate agli operatori della carta stampata. Queste li invitano a svolgere sempre il loro lavoro con la massima franchezza e lealtà e suggerendo addirittura di “tagliare la mano che vuole  imbrattare, perché le macchie nei cervelli sono come quelle ferite che non guariscono mai”.

Considerazioni che possono essere guida autorevole e  conforto per chi, come la maggior parte delle persone, ha la speranza di vivere in un mondo migliore ed è  per questo motivo che riporto integralmente l'utile decalogo del giornalista di Manuel Lozano Garrido.  E' mia intenzione metterlo a disposizione non solo dei giornalisti, ma proporlo a  tutte le persone di buona volontà che potranno così disporre degli insegnamenti di una persona illuminata, ormai nella meritata quiete, ma il cui pensiero è rimasto più vivo che mai, chiuso nelle pagine del libro dal titolo "La Croce ha le ali" di cui suggerisco la lettura e che Rafael Higueras Alamo ha voluto dedicare alla vita del beato Lolo con la speranza che le sue parole siano di esempio e conforto a chi, nel pieno di quotidiani tormenti, non perda la speranza, ma prosegua sul suo cammino di crescita personale, con rinnovato impegno.

 Decalogo del giornalista 

 

I. Ringrazia l'angelo che sulla tua fronte segnò la stella della Verità e che la fa brillare ogni momento. 

 

II. Ogni giorno partorirai il tuo messaggio con dolore, perché la verità è una brace che si toglie dal cielo e brucia il nostro cuore per illuminare. Tu fai in modo di portarla dolcemente fino ai cuori dei tuoi fratelli. 

 

III. Tu, quando scriverai, lo dovrai fare in ginocchio per amare; se­duto per giudicare, in piedi e con forza per combattere e seminare. 

 

IV. Apri con stupore gli occhi su ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita. 

 

V. Il buon pellegrino della parola pagherà con la moneta della fran­chezza alla porta aperta della locanda che è ogni cuore. 

 

VI. Lavora il pane dell'informazione pulita con il sale del buon stile e il lievito dell'eterno. Poi offrilo affettato per ravvivare l'interesse, ma non togliere a ciascuno la gioia di assaporare, giudicare e assimilare. 

 

VII. Albero di Dio, chiedi di diventare una rovere dura e impenetra­bile all'ascia della lusinga e della corruzione, ma con la tua fronte nel fogliame al momento della raccolta. 

 

VIII. Se chiamano fallimento il tuo silenzio perché la luce manca al­l'appello, accetta e taci. Guai al povero idolo con i piedi fatti con il fango della bugia. Ma attento anche alla vanagloria del martire quando le parole non si fanno sentire a causa della codardia. 

 

IX. Taglia la mano che vuole imbrattare, perché le macchie nei cer­velli sono come quelle ferite che non guariscono mai. 

 

X.  Ricorda che non sei nato per la stampa a colori (gialla, nera, rossa...). Né confetteria, né piatti forti. Meglio servire il buon boc­cone della vita pulita e speranzosa, così come è.

 

"La vita ha le ali"  Libreria editrice Vaticana  Euro 9   

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Articolo pubblicato il 19/04/2017