L'Angolo della Satira del Professor Giancarlo Pavetto - L'armata dei sindaci ribelli

L’invincibile armata ai comandi dell’ammiraglio De Magistris

Uno spettacolo maestoso, indimenticabile. Sotto un sole splendido, tutto il golfo di Napoli, da Mergellina al Maschio Angioino appare brulicante di imbarcazioni di ogni tipo. Sono oltre quattrocento, alcune sono a motore, altre a vela.

Solo due sono a remi, trascinate in mare dagli abitanti dei rioni spagnoli.

Sta per prendere il via il piano umanitario ideato dai sindaci ribelli De Magistris e Leoluca Orlando, di raggiungere la Libia e la Tunisia, prelevare qualche migliaio di africani e trasferirli a Napoli ed a Palermo. Poi entrerà in azione San Gennaro.

Dalle imbarcazioni si levano al cielo  le musiche di migliaia di mandolini, accompagnate  dai canti  di chi non vede l’ora di levare le ancore.

Le note allegre di jamme jamme jà si confondono con quelle di canzoni d’altri tempi come “faccetta nera,” o “Tripoli bel suon d’amore”.

Questo concerto viene a momenti sovrastato da un coro di sirene rabbiose che proviene dal molo di Mergellina.

E’ qui che è ormeggiata la grande imbarcazione dell’ex sindaco di Napoli, ora ammiraglio Giggino De Magistris. Ed è lui che dovrebbe dare il via alla grande armata che attende i suoi ordini per partire verso i porti della Libia.

Ma non tutto su quel molo sembra andare per il verso giusto. Si dice che l’ex sindaco, oggi ammiraglio, sia colpito spesso da violente crisi di rabbia, perché le miriadi di imbarcazioni che punteggiano il golfo gli ricordano i formicai che tutti i giorni invadono gli ospedali della sua città.

E per di più, ben poche delle promesse di partecipazione alla grande regata vengono mantenute.

E’arrivata via email una comunicazione di Roberto Saviano, l’editorialista di Repubblica, che doveva essere al suo fianco sul ponte di comando dell’armata diretta in Libia. Comunicava che un  raffreddore gli impediva di lasciare il suo attico di New York e che doveva limitarsi a fare i più vivi auguri per la riuscita della spedizione.

Laura Boldrini, detta la “ Boldry del migrante”, non si era più fatta viva.

Il sedicente filosofo Massimo Cacciari, conosciuto in Venezia  come l’uomo più ricco di peli d’Europa, ha comunicato di essere arrivato da ore nel centro di Napoli. Ma, tra un’imprecazione irosa ed un’insulto, ha aggiunto che gli era impossibile arrivare sul litorale e tanto meno sui moli di imbarco, perché tutto il lungomare era irraggiungibile, occupato com’era, da una compatta fascia di africani, giunti da tutta la città e dal resto della Campania.

Solo da Castel Volturno e da Caserta, ne erano discesi più di trentamila e tutti insieme erano lì per  festeggiare, con riti tribali, manifestazioni etniche, cerimonie di iniziazione sessuale e grandi falò  accesi sulle scogliere, l’avvio della grande armata. Non si contavano, aggiungeva il buon Cacciari, gli inseguimenti, ed i violenti pestaggi (eseguiti con le tecniche in uso nelle savane per la caccia dei leoni), di quei poliziotti comunali che  cercavano di mantenere un minimo di ordine.

A fianco della nave ammiraglia del De Magistris, era pronta un’altra grande imbarcazione, quella che nel pensiero degli organizzatori doveva essere il nidus viaggiante degli euroinnamorati, e di tutti gli intellos di sinistra.

Un grosso yacht, fatto pervenire a Napoli in modo occulto dalla Mediaset, per lenire l’odio coltivato verso Salvini, dal Confalonieri e dalla sempre benpasciuta Francesca Pascale.  

Erano in programma, durante i viaggi di andata e ritorno in Libia, seminari e conferenze intese a rassicurare gli ospiti non solo sulla sopravvivenza dell’Europa, ogni giorno sempre più in dubbio, ma anche convincerli dell’ imperativo categorico di trasferire in Italia intere tribù africane disposte, secondo il Boeri, a pagare le pensioni.agli italiani.

Nonostante che il clima ansioso si fosse un po' attenuato (si era diffusa la notizia che Jean Claude Junker si era finalmente iscritto all’Associazione Alcolisti Anonimi), la paura che incutevano le  elezioni europee di maggio aveva ridotto in modo drammatico le adesioni.

Fioccavano, una dopo l’altra, le disdette dei singoli invitati e soprattutto quelle imposte  dai padroni dei giornali agli scrivani loro dipendenti.

Sia i De Benedetti, collegati per via telefonica con lo Scalfari, al Bergoglio,  che il Berlusconi, vincolato al bolso euroburocrate Tajani, che l’Urbano Cairo consigliato dall’amico George Soros, che avevano subodorato il progetto del governo di ridurre all’osso (ed anche di annullare) i contributi fino ad ora concessi ai giornali, predicavano calma e pace.

Persa la pazienza, l’ammiraglio De Magistris era salito a verificare chi c’era sulla tolda della motonave della cultura, ma, debordante su di una sdraio, vi aveva trovato il solo Giuliano Ferrara. Nessun altro.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, è stato però il messaggio giunto dal collega sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che era in attesa a Marsala: “sono rimasto solo, desolatamente solo. Nessuno, neppure uno della mia giunta mi ha voluto seguire. Attendo tue istruzioni.”

Subito, l’ammiraglio De Magistris ha decretato il liberi tutti ed i napoletani sono tornati alle loro attività, lecite ed illecite.

 

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Articolo pubblicato il 19/01/2019