Artigiani a rischio estinzione?

Sempre meno botteghe. E CGIA Mestre lancia l'allarme, ricordando che i dieci anni di crisi (ma anche i cambiamenti di stile di vita) hanno portato alla chiusura di oltre 165 mila attività.

Se tra il 2017 e il 2018 la truppa di imprese artigiane si è assottigliata di oltre 16.300 unità (-1,2%), negli ultimi 10 anni la contrazione è stata pesantissima: -165.500 attività (-11,3%)”. Lo ha recentemente denunciato, dopo aver approntano uno studio ad hoc, la CGIA di Mestre. La stessa organizzazione sottolinea che “la caduta non ha registrato soluzioni di continuità in tutto l’arco temporale analizzato, tra il 2009 e il 2018 per la precisione. Alla fine dell'anno scorso, rimanevano attivi 1,3 milioni di artigiani, per più dei due terzi (il 37,7%) nell’edilizia, poi il 33,2% nei servizi, il 22,9% opera nel settore produttivo e il 6,2% nei trasporti”.

 

Due sostanzialmente i fattori che rischiano di rendere sempre più rare le botteghe: la crisi economica e il cambiamento degli stili di vita degli Italiani.  Secondo Paolo Zabeo, il coordinatore dell'Ufficio studi della CGIA, infatti, "la caduta dei consumi delle famiglie e la loro lenta ripresa, l’aumento della pressione fiscale e l’esplosione del costo degli affitti hanno spinto fuori mercato molte attività" e "l’avvento delle nuove tecnologie e delle produzioni in serie hanno relegato in posizioni di marginalità molte professioni caratterizzate da un’elevata capacità manuale".

 

Tra i settori più in crisi, oltre tutti quelli che approcciano materiali e beni meno in uso, anche il settore degli autotrasporti. Un settore che è certamente vittima dell’incremento dei costi dei carburanti (già gravati dalle accise, che nemmeno il nuovo Governo è intervenuto a ridurre).

 

Al danno economico per le imprese direttamente coinvolte e i loro lavoranti, si affianca un'altra criticità: c’è "un aspetto sociale molto preoccupante da segnalare: quando chiude definitivamente la saracinesca una bottega artigiana, si perdono conoscenze e cultura del lavoro difficilmente recuperabili e la qualità della vita di quel quartiere peggiora notevolmente. Altresì, c’è meno sicurezza, più degrado e il rischio di un concreto impoverimento del tessuto sociale".

 

D.C.

 

(Immagine in copertina tratta da Sivemp Veneto)

 

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Articolo pubblicato il 04/02/2019