La sintonia tra le foibe e gli adoratori dell’ANPI

Un libello “comporterebbe il definitivo sdoganamento del fascismo”….ed anche il decesso del senso del ridicolo (ndr)

Alcuni nomi comparsi di recente sulle pagine dei giornali cittadini, hanno risvegliato nella mia memoria dei ricordi che, con il passare degli anni si erano affievoliti. Sono nomi di individui che annegano nella loro ideologia ogni senso di umana pietà e che si nutrono ogni giorno di resistenza, di antifascismo ed anche di piccoli antipasti filofoibisti assortiti. Per loro e per sempre, pietà l’è morta.

Si tratta di certi Carlo Greppi e Christian Raimo, che hanno deciso di ergere le loro membra ideologiche contro un’iniziativa legata al “giorno del ricordo”.

La distribuzione nelle scuole del Piemonte di una “graphic novel” dal titolo “Foiba rossa”, che descrive la atroce vicenda del martirio di una giovane donna, Norma Cossetto, torturata, violentata e gettata nelle foibe dai comunisti titini.

Contro l’iniziativa, proposta e portata avanti da Maurizio Marrone, di Fratelli d’Italia, ed in accanita difesa di ogni ideologia totalitaria derivata dal comunismo da loro coltivata, si sono subito schierati i Greppi ed i Raimo, ed hanno chiamato a raccolta tutto quell’apparato sinistrorso che ancora inquina la regione e la città di Torino e ne determina la decadenza.

Hanno invocato, come è loro abitudine, la resistenza e l’antifascismo, su cui lucrano da settanta anni, ed hanno definito “dibattito spropositato” quello sulla pulizia etnica e sul genocidio messi in atto dai loro commilitoni titini.

Poiché i Greppi ed i Raimo hanno sempre in bocca il termine resistenza, viene spontaneo chiedersi cosa abbiano visto di quel movimento. Di sicuro lo hanno potuto apprendere solo dai libelli pubblicati dall’ANPI.

Loro non c’erano in quei tempi sulle montagne, forse dovevano ancora nascere, ma io ero lassù e stavo in quel ramo laterale della valle di Aosta, dove si era rifugiato e dove fu preso prigioniero Primo Levi. Ho già scritto in passato di quella vicenda.

E’tra quelle montagne, che ho potuto constatare la liaison che si era stabilita già allora tra il movimento partigiano e le foibe.

Perché vi era una foiba molto nota in quella valle.

Poco sopra Extrapieraz, frazione di Brusson (in quel tempo Brussone), in un folto bosco di pini, si elevava un enorme masso noto come la “barma du diable”, che doveva il suo nome anche ad una profonda voragine che si apriva ai piedi del roccione.

E’ qui che i partigiani della valle portavano le persone da eliminare. Così è stato per il povero messo comunale Jean Vuillermin, cosi è stato per l’unica guardia forestale, Mario Madoglio. ancora in servizio nel comune.

Ambedue non erano fascisti ma erano impiegati comunali che avevano il compito di indagare su di una scomparsa di alberi che stava avvenendo nella regione di La Servaz. Svolgevano il loro lavoro e disturbavano qualcuno.

Vuillermin scomparve e non furono mai trovate sue tracce. Si raccontava in paese che quella specie di foiba, quella spaccatura, era così profonda da raggiungere il corso del torrente che scorreva duecento metri più in basso.

Il cadavere di Mario Madoglio fu invece trovato molti giorni dopo la sua scomparsa ai piedi della barma. Presentava ferite da arma da fuoco ed ustioni diffuse in molte parti del corpo. Era un uomo corpulento e poichè non doveva essere stato possibile infilarlo nella stretta imboccatura della foiba, i suoi assassini avevano tentato di incenerirlo.

Nel periodo che seguì a questi fatti, il flusso di grossi automezzi carichi di tronchi diretti verso il fondo valle si intensificò e proseguì a lungo.

E negli anni successivi alla guerra civile, una casa costruita in Extrapieraz, sulla destra della strada provinciale che sale verso Champoluc, fu chiamata dagli abitanti della frazione “la casa degli angeli”, con evidente riferimento alle vicende legate alla foiba della “barma du diable”. 

(immagini europeanaffairs.it - bdtorino.eu - Wikipedia - lovevda.it)

 

 

    

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Articolo pubblicato il 17/02/2020