Il cavaliere errante nella landa interiore della ricerca.

Don Chisciotte e poi Lancillotto ed infine Parzival.

Ogni essere umano appartiene dalla nascita alla “cavalleria umana”. Preso singolarmente, ogni uomo infatti, durante lo svolgersi della sua vita, deve affrontare svariate avventure, alcune anche piene di pericoli. La nostra razza è di diritto quindi una associazione vagante di cavalieri erranti.

La quasi totalità degli uomini però decide, consciamente o in base al proprio karma, di scorrere solo nel cerchio esteriore delle cose, improntando la propria ricerca solo verso obiettivi terreni. Alcune coscienze però incominciano a covare in loro un non meglio definito anelito verso un nuovo mondo e sperimentano in modo forse impacciano il desiderio di altre avventure. Questa fase iniziale la potremmo paragonare a quella di “Don Chisciotte”, giudicato, se non proprio un pazzo, almeno un eccentrico.

La coscienza Don Chisciotte sente pulsare in lui un ideale superiore, non meglio definito che lo spinge ad intraprendere un viaggio non si sa bene verso dove, con la spinta a raggiungere un bene superiore di natura spirituale. Egli ha sentito parlare dell’esistenza di cavalieri con nobili principi nel cuore, che appartengono alla corte di Artù, a un cenacolo cioè di persone uniti dall’idea comune di servire il mondo e l’umanità in modo impersonale, secondo le direttive divine del Buon Dio.

Don Chisciotte desidera entrare a far parte di questo gruppo speciale di cavalieri, ma non sa dove trovarli. Cosi incomincia a viaggiare  e a cercar di mettere in pratica dei concetti ancora troppo nebulosi per lui. Egli è solo, accompagnato dal suo scudiero, la coscienza desta cioè, e il suo cavallo esile ed impacciato, ovvero tutta la sua struttura fisica e psichica inferiore.

Attraverso delle battaglie contro i fantasmi del suo inconscio, simboleggiati dai mulini a vento, Don Chisciotte pian piano matura, poiché il suo obiettivo cavalleresco, la dolce Dulcinea che rappresenta la sua anima spirituale, ma l’abbandona, spingendolo ad osare a varcare spazi interni del suo inconscio saturi di  follia e surrealità. La fase Don Chisciotte può durare tutta la vita e si può stagnare a questo livello che, in effetti è anomalo, poiché a metà strada tra il completo risveglio interiore e lo stato ordinario di coscienza.

Quando Don Chisciotte finalmente viene ammesso in un campo spirituale autentico, quindi quando supera i limiti del suo inconscio, cambia modo di agire e entra a far parte della corte di Artù. Questo fatto lo trasforma in Lancillotto, il miglior cavaliere della corte, dotato di bellezza e coraggio a tal punto che anche la regina Ginevra se ne innamora. Lo stato di Lancillotto è a un livello superiore in confronto a quello di Don Chisciotte poiché costui è realmente  maturo per indossare le vesti del cavaliere del Graal. Solo che Lancillotto è ancora un cavaliere terreno, poiché ricambia l’amore di Ginevra, divenendo il suo amante.

Ginevra rappresenta la natura, e l’attaccamento di Lancillotto per questa regina - la sua propensione ancora verso il lato esteriore delle cose - gli impedisce di trovare il Graal. Lancillotto deve portare il suo rapporto adulterino con la regina, fino al massimo della sua espressione. Deve cioè sondare quanto sia profondo il suo legame con la forza della natura e quanto questa “storia d’amore”, sia illecita, poiché un vero cavaliere  deve divenire un essere spirituale, non più legato alla terra e ai suoi piaceri.

Come Faust discese nel più profondo degli abissi in cerca di Elena nel regno di quelle che Goethe definisce “le madri“, così lo stato di coscienza Lancillotto deve sondare perfettamente il peccato contro Artù che lo lega a Ginevra: deve cioè analizzare fin nei minimi dettagli come la sua anima commetta una grave colpa legandosi alle forze della natura e quindi aver il coraggio di interrompere la sua relazione con Ginevra.

Arrivato a questo punto, la coscienza Lancillotto diventa idonea per una fase superiore e si trasforma in Parzival. Lo stato Parzival è lo stato di maturità del cavaliere errante. Parzival potrebbe essere tradotto con il termine “puro folle“: la follia disordinata  e caotica che incarna don Chisciotte in Parzival diviene pura e lucida saggezza. Lo stato di Lancillotto è stato sublimato ed ora il candidato diviene umile e silenzioso, non esteriorizza più le sue eccelse qualità in opere eroiche come faceva prima quando, essendo l’amante della regina, in un certo qual senso, imitava la regalità di Artù.

Parzival  è l’unico degno di tener in mano la coppa del Graal, è colui che porta a termine la ricerca, cosa impossibile da fare negli stadi di Don Chisciotte e Lancillotto. La purezza di cuore di Parzival conferisce a questo particolare stato di coscienza il lasciapassare verso le terre eteriche del Graal. Parzival porta a termine l’opera, ma è grazie alle esperienze di Don Chisciotte e all’amore adulterino Di Lancillotto e Ginevra che questa ardua impresa è potuta giungere all’apogeo della realizzazione.

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Articolo pubblicato il 03/03/2017