Di Maio voterebbe per l’uscita dall’Euro. O forse no

Il M5S continua a ballare sui temi cruciali, preferendo non dare indicazioni e non perdere voti

“Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi … “ faceva così una celebre canzone di Lucio Battisti, ma potrebbe benissimo fotografare la costante indecisione sui temi caldi che i parlamentari del Movimento 5 stelle continuano a mostrare.
Prendiamo l’Euro, qualcuno ci ha capito qualcosa sulle intenzioni di Di Maio?
Ieri a “L’aria che tira” , il prescelto grillino è riuscito a dichiarare che vede l’Europa come un’occasione, e che l’obiettivo del Movimento non è uscire dall’Euro; tuttavia a stretto giro ha giurato che per “extrema ratio” si potrebbe indire un referendum sulla permanenza dell’Italia, e lui voterebbe per l’uscita.
Insomma, ci crede o no nell’Europa? Pensa che i mali siano da cercare a Bruxelles, o è solo un modo per strizzare l’occhio all’elettorato di Salvini?

Ancora peggio andò a Laura Castelli, deputata del Movimento, in Parlamento si occupa della commissione Bilancio, laureata in economia, torinese, che qualche giorno fa regalò sulle reti di Cairo l’ennesima perla di pressapochismo.
Incalzata dal giornalista di turno, dopo aver balbettato parecchio sui temi economici se ne uscì con un poco rassicurante “non lo so” alla domanda se fosse favorevole o meno all’uscita dalla moneta unica.
Euro si, Euro no, sembra i 5 Stelle siano più che altro interessati a capire da che parte tira l’aria e poi scegliere quale onda cavalcare.

Ma anche sui diritti civili han scelto la strada all’ignavia, preferendo non scegliere una posizione chiara: sullo ius soli, sulle unioni civili, sul fine vita hanno sempre usato la tecnica del non essere contrari ma nemmeno favorevoli, accampando scuse quali “la legge è scritta male”, “è un pastrocchio”, “non è completa”, “da qualche parte manca una virgola” per giustificare il voto contrario.

Semplicemente non avevano voglia di condividere una legge proposta dell’odiato Renzie.
O forse avevano paura di prendere una decisione netta, che avrebbe portato a inevitabili mal di pancia interni. Come sul voto per abolire il reato di clandestinità, quando la decisione, per una volta chiara e favorevole, provocò uno tsunami interno.

Per un certo periodo è stato utilizzato il portale Rousseau per prendere decisioni collettive, ma anche lì chi decide su cosa votare ? E quali opzioni scegliere?
Le parlamentarie che hanno investito Di Maio sono state poco più che un’investitura dall’alto e quando si è trattato di governare, come a Roma o a Torino, i risultati sono stati mediocri.
Senza entrare troppo nel merito, l’Appendino in un anno e mezzo cosa ha combinato di concreto? Oltre ad aver tartassato un po’ gli automobilisti del Centro e reso Torino meno ricca di eventi …

Sulla politica estera c’è una latente ammirazione per Putin, una freddezza nei confronti degli stati Uniti e un disprezzo verso l’Europa, ma tradotto in proposte concrete , cosa comporta ciò?
L’economia è un grande rebus: si parla di spinta, di aiuto ai giovani e si predica un calo della disoccupazione, ma chi non sarebbe d’accordo con ciò? Quali sono i partiti che non promettono questo? Se si entra nel merito ci si accorge che mancano le idee.
Promettere il reddito di cittadinanza fa aumentare i consensi, specie da parte del ceto medio-basso, ma nessuno ha indicato con certezza dove andranno prese le risorse per attuare un piano tanto imponente.

E se si scava un po’ a fondo, se si scartabella tra le dichiarazioni passate dei parlamentari grillini, si può trovare un po’ di tutto: c’è chi si è battuto una vita per il riconoscimento dello ius soli, e chi è contrario alle adozioni gay, chi predica per la legalizzazione della cannabis e chi è oltremodo morigerato.
Chi ha un’estrazione radicale e chi ce l’ha nazionalista.
Ma forse è proprio questa la forza del Movimento, l’essere un grande contenitore di protesta in cui ogni cittadino può trovare qualcosa che faccia il paio con le sue idee.
Un contenitore privo di proposte concrete, ma pieno di livore e vaffanculi, capace di attirare milioni di voti.
Un contenitore chiassoso che ha reso di certo il Palazzo più trasparente, propiziando alcuni tagli, e puntando sulla morale.

Ma per governare un Paese di 60 milioni, forse, non è sufficiente.

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Articolo pubblicato il 19/12/2017