Lo sport nazionale: si possono violare le leggi

Lo affermano compagni ed affini

Il via alla contestazione ed alla ribellione l’hanno dato due strani sindaci, due discendenti odierni di Tomaso Aniello, detto Masaniello, ed anche il “che guevara italiano”.  Uno, è il De Magistris, napoletano verace, seguace del grande Ingroia e fondatore del movimento arancione, ora defunto. E’ stato eletto da concittadini piuttosto irrequieti, usi a far parlare di sé ogni giorno nelle cronache dei giornali e dei telegiornali.

L’altro, è il palermitano Leo Luca Orlando, che è un uomo dall’ espressione sempre torva e tenebrosa, abile a girovagare tra diversi partiti, e noto, in particolare per il suo odio per il giudice Giovanni Falcone, assassinato dalla mafia.

Insieme, i due sindaci hanno deciso di ripercorrere il cammino battuto nel 700 da Tommaso Aniello.

Ribellarsi e rifiutare di applicare le leggi dello stato.

Con una differenza però: il Masaniello si batteva per l’eliminazione delle pesanti gabelle e delle tasse che opprimevano il popolino napoletano.

I due arruffapopoli odierni, il De Magistris ed il Leoluca. vogliono invece che i loro concittadini paghino più tasse. Come? Costringendoli a ricevere, accogliere, mantenere ed integrare tutti coloro che arrivano nelle loro città dal continente nero.

Anche altri sindaci di minore importanza, come li “bimbo di Renzi, Nardella, sindaco di Firenze, si sono accodati e vogliono anche loro un maggior numero di immigrati cui accudire, a spese dei loro amministrati.

Del resto sono stati eletti dai loro concittadini, e su di loro pesa come un macigno ed una nemesi, il famoso detto di Molière “vous l’avez voulu, George Dandin”.

Un altro importante capitolo sul tema dell’accoglienza è senza dubbio quello degli appelli sottoscritti dagli “illuminati” e dai radicali. Molto spesso, le cosche e le confraternite dei cosiddetti i firmaioli, tutti di sinistra, si chiamano a raccolta in qualche piazza e sottoscrivono appassionati documenti che di solito sono destinati a rimanere nell’oblio.

Uno solo di questi appelli, tanti anni anni, fa è andato a segno ed ha avuto un risultato positivo: quello suggerito e firmato da un importante filosofo d’antan, che si chiamava Norberto Bobbio.

Invitava ed incitava ad uccidere il commissario milanese Luigi Calabresi, padre del direttore del giornale Repubblica, che oggi è schierato con i De Benedetti a fianco dei firmaioli.

Furono subito ascoltati, il commissario fu ucciso, ed ai firmatari dell’appello non restò che schierarsi con tutte le loro forze per gli assassini.

Messi da parte gli appelli ed i firmaioli, le sinistre, si diedero ad un altro tipo di protesta.

Fu il tempo dei girotondi.

Prevedeva che nelle vie e nelle piazze delle nostre città, convocati da cineasti delusi dalla mancata assegnazione del premio Oscar alle loro opere, si dessero appuntamento gruppi di maturi radical scic e di appassite e stagionate madame.

Quasi tutti giunti dai parioli e dal Nazareno.

Queste  persone, ad un segnale, dovevano poi, prendersi per mano, e girare come bambini (o meglio come scemi), intorno ad un palco o ad un monumento. Il senso del ridicolo che in breve cominciò ad aleggiare su questo tipo di manifestazioni, ne decretò presto la loro estinzione.

Solo dopo qualche anno, le sinistre ritennero necessario a far ritornare sulle piazze i firmaioli. Ma non si resero conto che avevano scelto un argomento  indigesto.

I più sventati ad apporre la loro firma che voleva richiedere la libertà e l’amnistia (sic!) del pluriergastolato Cesare Battisti furono i soliti. Tra di essi, il redattore di Repubblica Roberto Saviano, Vauro Senesi, il Russo Spena e Paolo Cento, che non avevano percepito che non era più il tempo di parlare di “compagni che sbagliano”.

Un’ultima occasione di mobilitare il movimento dei firmaioli è quella fornita oggi della presenza di una nave tedesca, battente bandiera olandese, carica di africani, arrivata davanti a Siracusa. Ad istruire i sottoscrittori, non c’è più il filosofo Norberto Bobbio (che, detto per inciso, non ha mai chiesto scusa), ma un altro sedicente filosofo, il “tuttopelo” Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia.

Sono con lui gli immancabili  Saviano, Manconi, Boldrini e con loro c’è ancora qualcuno di quelli che in passato avevano chiesto la condanna a morte del commissario Calabresi.

Ma un’ultima fiduciosa attesa cova ora nel cuore del cattosinistri nazionali. Anche se pochi di loro lo manifestano apertamente. Quella, rappresentata da un grosso barcone che sulle sponde della Libia, uno di questi giorni, faccia naufragio provocando l’annegamento di decine di africani, donne e bambini compresi.  

La colpa naturalmente sarebbe tutta di Salvini.

 

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Articolo pubblicato il 01/02/2019