La pandemia e le nostre abitudini: Come sarà la nostra vita dopo la diffusione del corona virus?

Non è difficile immaginare che purtroppo le nostre vite saranno assai diverse dopo la disastrosa pandemia dovuta al diffondersi del Covid 19; molti cambiamenti saranno dolorosi e complicati da affrontare, soprattutto se li accostiamo alla vita come la conoscevamo prima che un gran numero di persone venisse contagiato. L'infezione ha letteralmente travolto gli ospedali, che si sono trovati in grande difficoltà nell'accogliere e gestire il gran numero di pazienti affluiti nei pronti soccorso e nei reparti di rianimazione.

La necessaria limitazione della libertà personale ha creato ingenti danni al commercio, a causa della limitazione degli accessi agli spazi pubblici, e al distanziamento sociale, con conseguente grave crisi economica a cui il governo sta cercando di porre rimedio. Sono state messe a dura  prova le infrastrutture digitali, grazie alle quali si è comunque potuto mantenere viva una forma di comunicazione a cui non eravamo abituati permettendo, sia pure virtualmente, a gran parte della popolazione di restare in contatto e, ai più giovani di poter frequentare, grazie a presidi digitali,  la scuola.

L'essere costretti nelle proprie case senza la possibilità di uscirne, è stata una delle maggiori sfide per la salute mentale, superata oltre ogni aspettativa con disagi che, complice la paura di ammalarsi, si sono rivelati assai pesanti. Un semplice virus è stato in grado di bloccare società intere nel mondo e, in assenza di un vaccino, molti di questi blocchi potrebbero diventare permanenti. La maggiore urgenza al momento è quella di far rientrare, nel più breve tempo possibile, la normale quotidianità nelle principali istituzioni prima fra tutte la sanità che si è trovata costretta a trascurare le malattie croniche, le patologie neoplastiche e tutte le altre condizioni di sofferenza dell'organismo insorte durante il periodo in cui la marea umana, bisognosa dell'utilizzo di attrezzature particolari, ha colmato oltre ogni previsione le rianimazioni ed i reparti ospedalieri, complice anche la carenza di personale sanitario.

Molti pazienti proprio a causa di tale carenza, si sono sentiti isolati sia fisicamente che psicologicamente, e questo da un certo punto di vista è comprensibile. La difficoltà ad essere visitati, ad avere accesso a strutture ospedaliere in cui non vi erano difficoltà ad entrarvi, sia pure dietro programmazione di un appuntamento, ha causato una vera e propria sindrome da rifiuto. In alcuni ammalati questo stato di cose ha aumentato la percezione negativa della loro patologia, acuendo in modo parossistico la loro sensazione di isolamento sociale. Se la pandemia si dovesse protrarre per mesi, vi potrebbero essere pesanti effetti duraturi in quanto l'isolamento sociale sarebbe la causa del perdurare di un marcato stato di sofferenza psicologica diffusa, da cui potrebbero scaturire disordini sociali, la cui causa principale sarebbe il default delle strutture preposte a garantire la salute e deputate alla salvaguardia di vite umane.

Uno dei maggiori disagi psicologici maggiormente avvertiti dalla popolazione, è stato quello causato dall'allontanamento sociale associato alla costrizione di dover mantenere il rispetto della distanza fisica di almeno un metro. A fronte di immagini inquietanti di festeggiamenti senza alcun controllo del distanziamento e di mancanza generalizzata della protezione offerta dalla mascherina, una notevole parte della popolazione, avverte invece con insofferenza e paura l’avvicinarsi dell’altro, a causa della giustificato timore di essere attaccata dal virus.

Anche nelle case  si è registrata una tensione non indifferente nei confronti dei propri famigliari, specie dei più anziani, dettata dalla cautela ed anche questo atteggiamento è stato la causa di  un ulteriore allentarsi dei legami sociali ed ora che il virus pare stia mollando gradualmente la presa, almeno in determinati paesi fra cui il nostro, la scoperta della possibilità di infezioni dovute a casi di importazione, ”di ritorno” come vengono definiti, fa si che di nuovo la vita diventi più solitaria rispetto alle consuetudini di un recente passato, aggiungendosi al contesto descritto,  la difficoltà di accedere all'interno  dei locali pubblici.

Per fortuna il contributo della tecnologia e l’utilizzo di Internet, ha attenuato molto la sindrome del naufrago che molti  si sono trovati a dover affrontare, facendo si che almeno parte delle attività potessero proseguire, sia pure con tempi e modi diversi, fornendo la sensazione di una  apparente normalità. Fra chi ha beneficiato di una simile possibilità vi sono i più giovani che hanno potuto continuare a frequentare, come detto,  le lezioni scolastiche, riuscendo ad interagire, sia pure a distanza, con i propri compagni di classe.

Tuttavia, è importante tenere ben presente che quando potremo tornare a vivere in maniera più serena nella società, il progressivo allentarsi del confinamento, richiederà un graduale doversi riadattare all’ambiente da cui si è stati costretti a difendersi, ritrovando con difficoltà la naturalezza delle azioni a cui eravamo abituati, pur non dimenticando il potenziale pericolo derivante dall'essere infettati. Anche se la tecnologia ha consentito di abbattere numerose barriere, vi sono categorie a rischio che dovranno essere aiutate nel loro graduale reinserimento sociale, per evitare disagi sulla salute mentale di soggetti più fragili, poiché recenti osservazioni hanno dimostrato che l'ansia e l'isolamento stanno hanno provato le persone molto più di quanto si potesse sospettare.

Per questo motivo bisognerà assistere quanto più possibile gruppi di persone fragili, fra questi i bambini che abbiano risentito della permanenza coatta fra le mura domestiche ,talvolta dovendo subire le gravi tensioni fra i genitori, anche loro confinati in casa senza poterla abbandonare. Ancora sarà necessario seguire con particolare attenzione le persone con problemi di salute preesistenti, specie quelle con problemi psicologici accertati. Dovranno essere aiutati nello svolgimento del loro lavoro gli operatori sanitari, qualunque sia la loro mansione, poiché nonostante il loro impegno, sono stati anche loro soggetti allo stress derivante dalla enorme mole di lavoro affrontata, unito al timore di restare contaminati. Ultimo, ma per questo non meno importante, cercare di restare vicino portando loro conforto alle fasce deboli della popolazione a cominciare dai senzatetto, ai detenuti, alle persone con bassi redditi e a quelle che un reddito l’avevano, ma per motivi contingenti, si ritrovano senza lavoro.

La nostra società si trova di fronte ad un lavoro immane, ma di cui bisognerà tenere conto organizzando una linea di difesa ben coordinata da gruppi di esperti collaboratori delle Istituzioni, i cui risultati positivi non potranno essere accelerati che con la comparsa di un vaccino che potrà essere di grande aiuto alla risoluzione di buona parte delle problematiche affrontate.    

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Articolo pubblicato il 14/07/2020