Un eroe di Lepanto: Marcantonio Colonna

L’ammiraglio Marcantonio Colonna ricevette da san Pio V il comando della flotta pontificia e il celebre “stendardo di Lepanto”.

Quando il 20 giugno 1571 Papa san Pio V, il fautore della Lega Santa contro il pericolo islamico, benedisse in San Pietro il vessillo che sarebbe divenuto noto come “Stendardo di Lepanto”, il primo a riceverlo tra le proprie mani fu l’ammiraglio Marcantonio Colonna, incaricato dal Pontefice di radunare a Gaeta la flotta romana per far vela verso Oriente e unirsi al resto della flotta cristiana comandata da Don Giovanni d’Austria, figlio naturale di Carlo V e fratellastro di Filippo II di Spagna.

Ma chi era l’uomo che ebbe per primo l’onore di portare il vessillo che rappresentava Gesù sulla croce tra gli apostoli San Pietro e San Paolo, con la profetica scritta, ricamata in lettere d’oro, “In hoc signo vinces”?

Marcantonio Colonna era nato a Civita Lavinia (l’odierna Lanuvio, uno dei colli romani) nel 1535 – aveva quindi trentasei anni al momento della battaglia di cui sarebbe stato uno dei protagonisti – ed era figlio di Ascanio Colonna, secondo duca di Paliano e conte di Tagliacozzo (nonché fratello della famosa poetessa Vittoria Colonna, ammirata da tutti i poeti petrarcheschi del periodo, anche da quelli che non l’avevano mai incontrata, che pure le dedicavano appassionati sonetti in omaggio a una moda del tempo).

 La madre era Giovanna d’Aragona, discendente dal Re di Napoli Ferdinando I.

Nonostante tali nobili natali, la vita di Marcantonio Colonna non fu serena: proprio il suo feudo di Paliano fu al centro di uno scontro con il Papa Paolo IV, all’interno del più vasto quadro della cosiddetta Guerra del Sale.

Di che si trattò? Nel 1555 salì al soglio pontificio Paolo IV, della potente famiglia napoletana dei Carafa, fortemente avversa agli Asburgo; Paolo IV si trovò in una difficile situazione economica e cercò di risolvere i propri problemi aumentando fortemente le tasse (provvedimento che gli causò l’odio del popolo).

Contemporaneamente raddoppiò il dazio di importazione sul sale proveniente dalla Sicilia, provocando le rimostranze di Palermo e di Madrid. Quando poi nello stesso anno morì anche Ascanio Colonna (che era stato sempre fedele al Papa) e suo figlio mise invece le proprie armi al servizio della Spagna, Paolo IV pretese l’immediata consegna dei feudi di famiglia, imposizione alla quale Marcantonio si rifiutò di ottemperare.

Colpito da un ordine di arresto, Marcantonio fuggì, venendo poi dichiarato scomunicato e decaduto da feudatario, nonché condannato a morte in contumacia.

Marcantonio si rivolse allora alla corte spagnola, in cui si era appena insediato Filippo II, il quale colse l’occasione per affermare i diritti della Corona in materie temporali.

Dal punto di vista militare, l’allora viceré di Napoli, il valoroso e bellicoso duca d’Alba, non perse tempo a invadere lo Stato della Chiesa (era il 1º settembre 1556). Ai suoi ordini c’era Marcantonio Colonna, che comandava un Tercio (cioè un reggimento) diretto proprio verso Roma.

Curiosamente, colui che sarebbe presto diventato il difensore della Cristianità in nome del Papa a Lepanto, stava muovendo in armi contro Roma, mentre il Pontefice napoletano per difendersi assoldava truppe mercenarie luterane (i lanzichenecchi) e per indebolire il proprio avversario cercava di convincere nientedimeno che i turchi ad attaccare proprio il Regno di Napoli!

Dopo la sconfitta dell’esercito francese, con il Tercio pronto a dare l’assalto alle mura aureliane si addivenne a un trattato di pace, firmato il 14 settembre 1557 a Cave: gli spagnoli vincitori, da buoni cattolici, inserirono una clausola in cui chiedevano perdono al Papa per aver invaso i suoi territori e lo stesso duca d’Alba corse in Vaticano per baciare la pantofola, lieto per lo “scampato pericolo” di entrare in Roma armato. Tra gli altri effetti, la pace di Cave reintegrò Marcantonio Colonna in quasi tutti i suoi feudi.

Già Capitano generale dell’esercito spagnolo da quindici anni, nel 1570 Marcantonio lo divenne anche della flotta pontificia grazie a san Pio V, mentre l’anno successivo don Juan d’Austria lo nominò Capitano generale della flotta alleata nella guerra contro i musulmani.

Ma torniamo al giugno 1571 e allo stendardo: due giorni dopo averlo ricevuto, il 22, l’ammiraglio raggiunse Gaeta, dove dopo aver passato in rassegna la propria intera flotta poi si recò nel Duomo di Gaeta per chiedere la protezione di Sant’Erasmo, promettendo solennemente che in caso di vittoria avrebbe donato il sacro stendardo al Santo.

Il 24 raggiunse Messina unendosi al resto dell’armata cristiana, donde il 24 agosto si mosse contro i turchi, che il 7 ottobre sconfisse a Lepanto.

Riconfermato Capitano generale della flotta pontificia al suo ritorno dal successore di san Pio V, Gregorio XIII, Marcantonio cercò di proseguire la guerra in Terra Santa sull’onda della vittoria di Lepanto, ma tale proposito fallì dopo la firma della pace tra Venezia e i turchi (1573), un tradimento che causò lo scioglimento della Lega cristiana. Quattro anni dopo sarebbe stato nominato viceré di Sicilia.

Morì a Medinaceli, in Spagna, nel 1584. Una curiosità: attualmente è ricordato in sfilate rievocative con figuranti sia a Marino (festa dell’uva, originariamente in ricordo della vittoria di Lepanto, la prima domenica di ottobre) che a Cave (11 settembre).

 

 Luigi Vinciguerra 

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Articolo pubblicato il 16/04/2019