Landai
Carlo Stratta (Torino 1852-1936) Aracne, 1893, olio su tela, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino

Poesie brevi per la libertà delle donne

 

Sabato 14 settembre, a due anni esatti dal settecentesimo anniversario dalla morte di Dante Alighieri, a Torino, lungo le scalinate della Gran Madre di Dio, già Tempio di Iside, si è svolta una straordinaria performance letteraria, dedicata alla Poesia.

Poesia intesa come strumento di comunicazione, come arma virtuale contro la violenza e contro i soprusi.

La capitale sabauda è stata scossa dalle vibrazioni di voci che si alternavano, declinando e declamando versi carichi di dolore e di speranza.

Dolore per la situazione sub-umana di moltissime donne dell’Afganistan, costrette a rinunciare alla propria vita pur di fuggire da una situazione sociale e personale non gestibile e non compatibile con la vita stessa. Speranza intesa come ancora di salvezza psicologica, come ultima autentica illusione di evadere da un carcere durissimo e crudele, che in quelle terre, non troppo lontane, si chiama eufemisticamente ... famiglia.

Vittoria Ravagli, Antonella Barina e Chicca Morone, il pomeriggio precedente, a Torino, presso la prestigiosa sede di Palazzo Cisterna, hanno presentato una preziosa raccolta di poesie: Landai, poesia brevi per la libertà delle donne, Neos Edizioni s.r.l.

I Landai sono stati definiti dal poeta Marco Ribani uno staordinario strumento di comunicazione: si tratta di distici, ovvero versi formati da due strofe, rispettivamente di nove e tredici sillabe. Naturalmente le traduzioni nella nostra lingua snaturano la rigidità della metrica, in ogni caso anche nella lingua originale viene tollerata una certa libertà di costruzione che cede il passo al valore dei contenuti espressi.

 

“O giorno del giudizio, dirò a voce alta

Vengo dal mondo con il cuore pieno di speranza”

Zarmina “Rahila”

 

La denuncia delle donne afgane si esprime nei luoghi appartati come le sponde di un fiume dove giovani e meno giovani si ritrovano per lavare i panni. Dalle rive si innalzano, spesso come canti collettivi, versi che denunciano il dolore della violenza, i soprusi celati dalle mura domestiche e mille altre infami espressioni di sopraffazione fisica e psicologica esercitata dai componenti di sesso maschile delle loro famiglie (definirli uomini sarebbe davvero troppo).

Dai versi emerge da un lato la denuncia, dall’altro l’impotenza a risolvere una situazione vergognosa che infanga soprattutto l’immagine dei maschi.

Tuttavia emergono anche la rabbia e la speranza che un atto “magico”, di origine divina, possa cancellare dolore, morte e violenza, spazzando via quegli infami individui, colpevoli delle più gravi miserabili azioni.

Tentare di spiegare i motivi di tali atrocità credo sia impossibile. Secondo noi occidentali, reduci di un discutibile passato, neppure così remoto, trovare delle giustificazioni razionali che possano farci accettare casi come quello di Mah Gul, risulta essere realmente impossibile:

 

Quando Mah Gul è stata decapitata, nessuno l’ha lodata per la sua integrità, per il suo coraggio, per la sua moralità.

 

Quando Mah Gul è stata decapitata, i talebani stavano usando le donne come scudi umani per portare i loro feriti negli ospedali.

 

Quando Mah Gul è stata decapitata il nostro vicino stava ancora picchiando la sua siasiar.

 

Quando Mah Gul è stata decapitata sua madre ha sorriso, perché sua figlia era, alla fine, libera.

 

Sapete perché Mah Gul è stata decapitata? Perché il suo consorte voleva farla prostituire e lei non lo ha accettato…

Mah Gul è stata decapitata in Afganistan dai parenti di suo marito. Aveva 20 anni, era il 2012 e la notizia non ha raggiunto nessuna agenzia di stampa… silenzio, silenzio, solo assordante silenzio che ha coperto come una pesante lastra di marmo il suo bianco sepolcro.

Grazie alla volontà delle tre poetesse, Vittoria Ravagli, Antonella Barina e Chicca Morone, che hanno curato l’edizione del libro “Landai”, Torino è uscita dalla sua proverbiale e spesso patetica indifferenza di matrice sabauda, per urlare al resto del Paese il dolore presente in molti luoghi del mondo, non solo in Afganistan. Dolore che troviamo, seppur in forma meno drammatica, anche nelle pagine dei nostri quotidiani.

L’odio verso le donne viene interpretato da alcuni come l’espressione delle paure dell’uomo nei confronti dell’altro sesso, paura che rappresenterebbe l’antitesi dell’Amore.

Spesso abbiamo paura dei serpenti e li uccidiamo senza pietà, anche se si tratta solo di bisce assolutamente innocue; spesso i nostri fantasmi fanno emergere degli aspetti drammatici, scatenando assurde forme d’incontrollata violenza.

I Landai sono stata anche definiti "serpentelli", ovvero piccole armi letali che hanno il potere di uccidere i propri nemici... e forse, in senso meno mataforico, hanno anche il potere di avvelenare la mente di coloro che giustificano i crimini di una incomprensibile violenza.

Nessuna giustificazione, nessuna comprensione o ipocrita perdono.

La violenza, intesa nei termini drammatici descritti in precedenza non merita nulla di diverso dalla lucida denuncia. Saranno i legislatori, o meglio questo dovrebbe essere il loro mestiere, a cercare le soluzioni opportune per tutelare i deboli e gli innocenti, ricordando sempre che l’eccessiva Tolleranza (valore morale e non solo…), applicata a coloro che esercitano la violenza e il crimine, finisce per diventare implicita complicità.

Torino, nonostante il suo pesante cappotto sabaudo, sembra risvegliarsi al grido di dolore che proviene da lontano. Grido che le bellissime liriche hanno saputo trasformare in canto di dolore e di speranza. Vorremmo augurarci che queste manifestazioni possano rappresentare solo l’inizio di altre forme di denuncia e di condanna.

Quello che avviene nel nostro Paese è numericamente meno significativo, ma moralmente ancora più grave, poiché vengono a mancare “giustificazioni” di carattere sociale, culturale, politico e religioso.

Quello che avviene nel nostro Paese deve trovare una ferma e decisa volontà da parte delle cosiddette autorità, il male deve essere combattuto sempre e ovunque, senza se e senza ma…

Il rischio di scivolare in una banale retorica, affrontando temi di questa portata, è molto elevato: forse la lettura di alcune liriche presenti nella pubblicazione presentata a Palazzo Campana potrà donarci quelle lucide emozioni e farci comprendere meglio la gravità dei temi trattati.

 

“I miei sogni sono solo miei,

Finalmente qualcosa di me che non avrai”

Diella Monti

 

“Nel buio della nera notte

Ascolto il battito del mio cuore in fuga”

Chicca Morone

 

“Noi più grandi della paura

Danziamo con il volo del nostro segreto”

Nicoletta Nuzzo

 

“Canto prima che faccia buio

Costringo la notte a chiedere perdono”

Rita Pacilio

 

“Lividi e graffi sono i segni

Del tuo impossibile possedermi davvero”

Chiara Rota

 

La ferita

Per un attimo ho visto il cielo, eri tu madre

mentre lui mi divorava la carno... il tuo

silenzio mi ha uccisa.

Benedetta Iandolo

 

La mia forza un albero infinito.

Spezzerai i suoi rami, ma non lo sradicherai.

Silvia Parma

 

Ho sprangato il mio cuore,

congelata la mente, il sangue pulsa a fiotti.

Vittoria Ravagli

 

Mi entra dentro senza amore

sento che per sempre si ferma il mio cuore.

Alba Piolanti

 

Ci avete tolto l'aria

ma noi siamo le foglie che respirano.

Antonella Barina

 

Sull'altare del pene celebrano

il corpo seminudo di un dio estraneo.

Aida Toledo, Guatemala

 

Ti offro il mio petto sanguinante

che ha ancora conficcato un coltello d'inchiostro.

Carmina Candido Daverio, Argentina

 

 

Foto Alessia Macci, l'esperienza della solitudine

 

 

Le immagini provengono dal Web

I Lindai sono tratti da:  LINDAI - poesie brevi per la libertà delle donne, NEOS EDIZIONI S.r.l

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 16/09/2019