Quando Il Cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo fu salvato dagli ucraini

L´intervista è stata realizzata da Oles Horodetskyy, presidente dell’Associazione Cristiana degli Ucraini in Italia.

Il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo racconta come si salvò dalla persecuzione nazista durante l´occupazione. Figlio dell´allora comandante Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, che guidò il Fronte Militare Clandestino, l´attuale porporato racconta per la prima volta i dettagli di come fece a sottrasi alle barbarie nazifasciste. Infatti, furono “amici ucraini” a Roma ad aiutarlo. Mentre suo padre fu ucciso alle Fosse Ardeatine, lui era ospite del Pontificio Collegio Ucraino sul Gianicolo, dove non ancora prete si era rifugiato.

- Eminenza, come è arrivato ad essere ospite del Pontificio Collegio Ucraino al Gianicolo durante la guerra?

Erano gli anni 1943-1944. Mio padre aveva fondato il Fronte Militare Clandestino. Quindi le azioni militari contro i tedeschi dipendevano da lui. Lui viveva nella clandestinità ed il suo obbiettivo era di mettere al sicuro la sua famiglia. Mia madre e le mie tre sorelle si trovavano nel convento di suore del Sacro Cuore del Gesù a Roma. Mio padre era infatti riuscito ad avere dei documenti falsi come dipendenti del Governato. Io al epoca avevo 17 anni. I tedeschi ci cercavano e noi eravamo costretti a vivere in clandestinità.
Conoscevamo molto bene un monsignore ucraino che lavorava nella Congregazione per le Chiese Orientali, abitava nel collegio lì, al Gianicolo, era Il rettore del collegio, padre Yosafat Labay. E poi c´era il Padre spirituale che si chiamava Teodosy Haluchynskyy, anche lui ucraino e che suonava violino molto bene. Mi hanno dato una stanza per studenti di quel collegio ucraino. E cosi potevo vivere lì come studente.

- E quanti studenti vissero in quel periodo con lei? Si ricorda?

Direi tra i 30 e 40 studenti.

- Erano tutti ucraini?
Si. Il rettore era appunto padre Labay.

- Ma loro sapevano chi era Lei?

Certamente. Sia studenti che ovviamente la direzione. Inoltre, ricordo che era ospite del collegio anche un vescovo di nome Ivan Buchko. Lui aveva un incarico presso la Santa Sede, ma non mi ricordo di quale incarico si trattasse.

- Quanto tempo ha vissuto nel collegio ucraino?

Durante la mia permanenza nel collegio, mi ero iscritto alla Pontificia Università Gregoriana in filosofia e teologia. Avevo preso questa scelta perché già pensavo, anche se non era ancora una cosa sicura, di diventare sacerdote. Rimasi nel collegio per un paio d’anni. Era lì che vidi per l´ultima volta mio padre, che poi fu catturato dai tedeschi ed ucciso nelle Fosse Ardeatine. Era lui a venirmi a trovare nel collegio. Venne con mio fratello, l’ho ricevuto lì, in una camera molto semplice, che era una camera degli studenti. Mio padre cambiava la residenza ogni sera.

- Questa permanenza nel collegio ucraino forse Le è anche stato di aiuto nella Sua formazione spirituale?

È possibile. Ogni mattina partecipavamo alla Liturgia, che si svolgevo ovviamente nel rito orientale.

- Lei ha detto che tutti conoscevano chi era Lei e quindi prendevano in considerazione ed erano consapevoli cosa comportava un eventuale suo ritrovo da parte dei tedeschi?

Si, certamente.

- Come La avevano accolto? Che rapporti avevate?

Mi hanno accolto benissimo, non ho mai trovato la difficoltà. C’era uno studente molto giovane con il quale poi ho studiato insieme. Questo studente fu ordinato sacerdote e andò in Canada.

- Oggi molto spesso la propaganda russa dipinge gli ucraini e la Chiesa Greco Cattolica come collaboratori dei tedeschi, cioè dei fascisti e dei nazisti. Lei che ha avuto a che fare con gli ucraini durante la guerra come gli ha percepiti?

Non ho mai avuta questa impressione come viene dipinta dalla propaganda. Mai. Gli ucraini erano senza dubbio patrioti e fieri del loro paese.

- Ma parlavate anche della storia, della vita dell’Ucraina?

C’erano delle illustrazioni, i giornali illustrati, che potevamo leggere. Ogni tanto il rettore ce li passava, li leggevo sempre con molto interesse. Si trattava di scritti sulla vita ucraina in generale.

- Cosa si ricorda ancora di quel periodo?

Mi ricordo che a Roma vi era una vera persecuzione da parte dei tedeschi, cercavano i giovani per arrestarli e per mandarli in Germania a lavorare. Ed io uscivo tutti giorni scendendo il Gianicolo per andare a piedi a trovare mia madre, che era nel convento del Sacro Cuore del Gesù presso Trinità dei Monti. Cercando di tornare in tempo, perché c´era il coprifuoco, entro le ore 18. Avevo sempre un documento d’identità falso con me, che mio padre mi aveva procurato. Un giorno, mentre stavo andando da mia madre, percorrendo a piedi tutto Corso Vittorio Emmanuele per andare fino a Piazza Venezia e poi per Trinità dei Monti, arrivai al altezza di Chiesa Nuova, dove c´era un gruppo di tedeschi e dei fascisti, che fermavano tutti i ragazzi per arrestarli. Un tedesco ed un italiano mi fermarono e mi chiesero i documenti. Subito capì di essere caduto in una trappola. Mi accompagnarono al portone del ufficio in quel stesso palazzo. C’era un maresciallo italiano della polizia. Si trovò in una specie di piccolo tribunale, dove portavano i ragazzi fermati per strada per poi controllargli meglio. Io non ho opposto nessuna resistenza perché sapevo che era peggio. Entrando nel androne, c’era una fila. Proprio mentre mi dicevano di mettermi in fila dietro, un maresciallo italiano mi chiese: “Ti hanno preso o vivi qui?” Mi venne un idea del tutto inaspettata, infatti risposi: ”No, no, io abito qui”. Entrai tranquillamente ed invece di mettermi in fila, cercai di andare più avanti fino a trovare una porta chiusa, che ho aperto con tranquillità e sicurezza. Li, ci fu una scala, presi quella scala e andai su fino al terrazzo. Arrivato al terrazzo, vidi altri ragazzi, che avevano fatto la stessa cosa. Poi i tedeschi andarono via, caricando su un camion alcuni ragazzi fermati.

- Lei ha detto che nel collegio viveva anche il vescovo Buchko. Aveva modo di conoscerlo?

Il 24 marzo 1944 quando i nazisti fecero l'eccidio delle Fosse Ardeatine, dove fu ucciso anche mio padre, ma io al epoca non lo sapevo ancora, stavo nel refettorio. Gli altri studenti già se ne erano andati dal refettorio. Vene da me quel vescovo per mangiare. Di solito mangiava al tavolo dei superiori. Quando mi vide, prese una bottiglia di vino e venne appunto al mio tavolo. Non mi ricordo di cosa abbiamo parlato. Ma mi ricordo molto bene quel gesto, come se mi volesse confortare. Ho capito subito che era successo qualcosa, ma solo dopo ho saputo della tragedia.

- Cosa ancora si ricorda di quel periodo?

Una mattina mi sono affacciato alla finestra e non ci potevo credere, era pieno di mucche. Qualcuno, forse qualche azienda agricola, ha voluto nascondere le mucche dai tedeschi. E hanno riempito tutto il giardino che si trova a fianco dell’edificio e lungo il muro del confine. La vista di quelle mucche era un può noiosa per noi, ma era anche comodo perché davano molto latte. Ed io sono riuscito ogni giorno a far mi dare un litro di latte per portare a mia madre e alle mie sorelle, che avevano molta difficoltà a mangiare.

- Eminenza, durante la Sua permanenza nel collegio ucraino ha mai avuto paura che qualcuno degli ucraini che stavano li con Lei, potessero tradirle o farle del male sapendo chi era Lei, figlio del capo della resistenza?

 

No, non ho mai avuto questa sensazione, anzi ho avuto l’impressione di essere protetto.

 

 

pubblicazione su autorizzazione di Oles Horodetskyy con la collaborazione di Mario Galgano

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Articolo pubblicato il 18/04/2017