Una principessa portoghese per i Savoia
Beatrice del Portogallo Duchessa di Savoia

Breve ricordo di Beatrice d’Avis, di Alessandro Mella

In un mio precedente articolo ebbi modo di ricordare la luminosa figura di Maria Pia Regina consorte del Portogallo e figlia di Vittorio Emanuele II.

Il Portogallo può vantare una magnifica storia plurisecolare, millenaria, come quella della Casa di Savoia. La più antica dinastia d’Europa non poteva, quindi, non aver stretto legami con quel regno lontano che tanto ha dato al mondo con la sua fede, la sua cultura ed il suo spirito pionieristico. Le radici di questo rapporto sono molto più datate di quanto si possa immaginare ed oggi ne portiamo un altro piccolo esempio.

La giovane principessa Beatrice, infanta del Portogallo, nacque a Lisbona il 31 dicembre del 1504 da Maria di Castiglia consorte del Re Manuele I del Portogallo. Il sovrano fu un padre, in verità, piuttosto legato alla figlia cui destinò sempre utili e buoni consigli e con cui mantenne un vivace ed importante rapporto epistolare anche in prossimità del matrimonio di lei.

La giovane principessa giunse, infatti, a Villafranca d’Asti il 29 settembre 1521 per incontrare il suo sposo il Duca di Savoia Carlo III.

Il matrimonio, che trovò l’approvazione di papa Leone X, avvenne il 5 ottobre 1521 presso Villefranche sur Mer e la scelta si rivelò felice perché si confermò una donna di grande capacità, intelligenza, spirito e capacità amministrativa e politica.

Il giorno 8 gli sposi si spostarono a Vigone e nel marzo successivo fecero il loro regale ingresso in Torino. Ma quei giorni di entusiasmo, curiosità e nuove meraviglie da scoprire furono subito funestati da un grande dolore. La notizia della scomparsa di quel padre cui tanto era stata legata. La morte le entrò nel cuore e fu solo la prima delle grandi prove morali che dovette subire.

Restò nondimeno virtuosa, si spostò spesso, viaggiando tra Ginevra, Nizza, Chambery, Rivoli e Torino. Del Piemonte amava il clima più leggero e piacevole mentre trovava più freddo e rigoroso quello della Savoia.

Da suo marito ebbe più figli ma i più morirono in tenera o tenerissima età segnando il cuore di quella madre vigorosa e coraggiosa. Uno gli sopravvisse e fu il Duca Emanuele Filiberto e basterebbe questa figura a rendere onore alla madre perché fu lui a indirizzare gli interessi della sua casa verso l’Italia. Iniziando dal sancire l’uso dell’italiano al posto del francese negli atti amministrativi dello stato e portando la capitale del Ducato da Chambery a Torino. Città che divenne un vivaio di arte, cultura e bellezza.

Ma intanto, la madre coraggiosa, il più delle volte lontana dal marito, si trovò a dover far fronte anche ad estreme ristrettezze in uno territorio spesso oggetto di contesa tra francesi e spagnoli. Un equilibrio difficile, un filo sottilissimo su cui il marito doveva muoversi con delicatezza. Spesso consigliato proprio dalla sua, non sempre ascoltata in verità, Beatrice. Grazie a lei, infatti, il marito acquisì progressivamente la contea di Asti, il marchesato di Ceva e la signoria di Cherasco. Il controllo, quindi, sulla Valle del Tanaro.

Carlo era uomo buono, generoso, d’animo pacifico ma proprio per questo privo dello spirito per trovare una sua posizione nella lotta tra Francia e Impero. Oscillò sempre tra i due e questa sua indecisione fu all’origine di tanti dei suoi mali, delle sue sventure e dell’immobilismo del suo ducato. Una situazione che trovò una vera svolta solo con l’ascesa di suo figlio il quale mutò sensibilmente le cose proiettando il Piemonte ed il Ducato di Savoia verso il novero delle grandi potenze europee e gettando le basi necessarie a permette ai Savoia di acquisire, nel tempo, un ruolo sempre più determinante nelle vicende italiane.

Ma le avversità, le fatiche, le ristrettezze ed i dispiaceri consumarono presto non lo spirito indomito ma il corpo di quella donna straordinaria. Lungo il viaggio che avrebbe dovuto condurla in visita in Spagna fece tappa a Nizza e qui, per via della salute sempre più malferma malgrado una nuova gravidanza, dovette far tappa forzata. E ancora si spostò più volte finché, nel novembre 1537, affaticata e sofferente volle, il giorno 29, fare testamento in favore del marito, del figlio Emanuele Filiberto e del prossimo nascituro. A dicembre il bambino, Giovanni Maria, venne al mondo e la madre parve dare qualche segno di miglioramento ma fu breve illusione. Il pargolo morì quasi subito ed anche la salute di lei andò precipitando. Carlo III si mise subito in viaggio per recare visita alla moglie malata ma quando giunse ella era spirata l’8 gennaio 1538 tra le braccia di Emanuele Filiberto.

Inizialmente la salma fu collocata nella Cattedrale di Santa Maria a Nizza ma questa fu poi gravemente colpita dai francesi durante l’assedio della città nel 1543. Nel corso dell’ottocento furono condotti alcuni lavori di scavo nell’area in cui in origine si ergeva la cattedrale e fu scoperta anche una tomba che, per via degli indizi reperiti, fu attribuita alla Duchessa. Nel 1867, quindi, quei resti ritenuti di Beatrice del Portogallo Duchessa di Savoia furono traslati nella Basilica dei Santi Maurizio e Lazzaro o Chiesa di Santa Croce a Torino nella cui cripta ora riposano. In quel Piemonte che lei, giunta da quel paese lontano e splendido, aveva tanto amato.

E la sua presenza, in qualche modo, contribuisce a tenere viva la memoria di quel rapporto strettissimo che, attraverso i Savoia, lega ancora oggi l’Italia al Portogallo.

Alessandro Mella

 

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Articolo pubblicato il 27/02/2019