Limiti e disfunzioni del sistema centralista

Morando: "Misure uguali per tutti hanno scontentato tutti e non hanno risolto nulla"

Egregio direttore,

in un momento storico particolarmente complicato per l’Italia stanno emergendo in maniera chiara e lineare i limiti e le disfunzioni del sistema centralista che regola e regge questo Paese. La farsa del regionalismo lieve e dell’autonomia a metà anche in tema di sanità completa uno scenario già dipinto a tinte fosche, ulteriormente minato dalle parole del premier Giuseppe Conte che a febbraio 2020 minacciava di avocare a sé le deleghe alla sanità delle Regioni.

Gli altri elementi che ci permettono di dire che oggi più che mai lo Stato centralista ha fallito sono la commedia tragicomica delle autocertificazioni, che verranno presto raccolte in un elegante volume rilegato in pelle, e l’inefficacia di misure inopportune e decreti fini a sé stessi, con la loro conseguente ridicolizzazione a mezzo social network.

Le misure intraprese dal governo per far fronte all’emergenza si sono infatti rivelate poco efficaci nelle Regioni del Nord, maggiormente colpite dal virus, ed eccessivamente stringenti per le Regioni del Sud, che invece hanno subito un contagio meno esteso. Di fatto si è concretizzato quanto affermavano i federalisti e gli autonomisti trent’anni fa: misure uguali per tutti hanno scontentato tutti e non hanno risolto nulla. Si sommi a questo il fatto che il premier, nella sua pochezza politica e nella megalomania di chi ha confuso la carica istituzionale repubblicana con un titolo nobiliare da Stato feudale, nel momento in cui è stato accusato dai governatori del Nord di essere intervenuto tardi e male, abbia cercato di screditarli minacciando le loro istituzioni di un taglio alle competenze degno del peggior regime totalitario fascista di cui abbiamo celebrato la scomparsa pochi giorni fa.

Se si confrontano le critiche mosse allo Stato centralista negli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia con quelle pronunciate dalla fine degli anni ’80, con la centralità della questione settentrionale nel dibattito politico e quelle di questi giorni, con la diatriba tra presidente del consiglio e presidenti di Regione, si scopre che sono le stesse: il centralismo aumenta progressivamente la burocrazia e il peso dello Stato e riduce l’efficacia e la tempestività dei suoi interventi. Segno che le criticità evidenziate alla fine dell’Ottocento e quelle denunciate dalla Lega Nord sin dalla sua nascita erano frutto di constatazioni empiriche della realtà di un fenomeno rimasto immutato nel corso di oltre un secolo.

Si dice che un sistema politico funziona bene quando riesce a prendere decisioni opportune nel più breve tempo possibile e con il minor dispendio di energie da parte dei decisori, riuscendo a migliorare la vita dei cittadini. Per i sostenitori del federalismo, la riforma in senso federale dello Stato è legata al concetto del buongoverno (dott. Roberto Marraccini, 2002). Proprio in virtù di ciò sarebbe fondamentale, all’indomani della sconfitta del Coronavirus, riportare il dibattito politico sulla riforma del federalismo, perché è evidente che non giova a nessuno una lotta tra i governatori, primi responsabili della salute dei propri cittadini e della gestione delle emergenze, e il governo centrale, autore di provvedimenti che ostacolano il lavoro dei primi senza fornire loro adeguato supporto né tantomeno, alla luce dei fatti, una doverosa copertura economica.

Paradossalmente, proprio oggi che la realtà mostra in maniera inequivocabile il fallimento dello Stato centrale, sulla scena politica italiana non esiste più un partito (un partito vero, non siglette con percentuali da prefisso telefonico) che fa del federalismo e delle autonomie regionali la propria esistenza di vita, la propria missione politica. Lo Spostamento nello scacchiere italiano della Lega da forza autonomista a partito nazionalista e sovranista ha lasciato la battaglia per la riforma federalista in mano alle sole Regioni e a qualche sparuto parlamentare. Non fraintendiamoci: la Lega non ha rimosso lo spirito federalista, lo ha posto in secondo piano nella convinzione che oggi siano più urgenti altri tipi di battaglie.

Ma la mia convinzione è che qualsiasi campagna politica che comporti una modifica all’assetto o alle leggi dello Stato sia più semplice da condurre se questo Stato fosse dotato di un ordinamento federale e federalista, con la conseguenza che l’obiettivo primo in ordine cronologico debba essere proprio questa riforma. Luca Zaia che parla di costi standard, efficienza, velocità, modello regionale è il testimonial privilegiato ed ottimale dell’identità autonomista unita alla concretezza e ad una capacità amministrativa e di posizionamento nei confronti dell’elettorato indiscussa ed indiscutibile.

Gentile direttore, se vogliamo salvare il Paese rispolveriamo la battaglia federalista.

 

Carlo Emanuele Morando

 

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Carissimo lettore,

quando i fatti non confermano annunci e presunti (gratuiti) successi si avverte la sensazione di impotenza governativa davanti alla realtà che non può vivere sempre nella normale gestione politica delle proprie convenienze, specchio degli impegni elettorali di parte.

Sicuramente l'attuale situazione in cui il Paese Italia si sta arrabattando non giova a chi, non avendo una solida e collaudata preparazione operativa da attuarsi nell'immediato, va avanti a colpi di decreti, ordinanze ed autocertificazioni che non fanno altro che infastidire la gente già alle prese con i problemi di salute e di sopravvivenza economica.

Anzi, stiamo assistendo ad una sorta di ostentata rivendicazione del potere centrale nei confronti di chi ha saputo gestire l'imprevedibile nella maniera più semplice e più efficace: l'immediatezza di intervento.

Ed è segno di immaturità politica, e non soltanto, non saper riconoscere i propri limiti ed ostentare una sicurezza in cui, assai probabilmente, si è i primi a nutrire dubbi concreti.

Mi pare che ciò stia proprio accadendo in questi ultimi giorni in cui l'arrocco, e chi sa di scacchi capisce, è l'unica mossa per difendere un Re che sta perdendo corona e reame. 

Preoccupante è anche l'ostilità con cui il Governo esclude qualsiasi forma di confronto e di collaborazione con la minoranza, atteggiamento altamente antidemocratico che non fa altro che inasprire i rapporti con chi è più vicino al popolo piuttosto che alla poltrona.

E proprio l'assenza del dialogo costruttivo favorisce il consolidarsi del sistema burocratico che ostacola sempre più il cambiamento di cui c'è bisogno per saper risolvere in tempo reale e repentinamente ogni situazione imprevista.

La gente, comunque, comincia a capire che le qualità di che deve saper scegliere per il bene comune vengono a galla nei momenti meno felici della storia.

Mi rattrista soltanto il pensiero che tali convinzioni debbano scaturire per causa di una pandemìa, ammesso e non concesso che alla fine dell'emergenza tutto ritorni come prima con i soliti vincitori ed i soliti vinti.

 

 

      Civico20News    

Il Direttore Responsabile                                   

      Massimo Calleri     

 

 

 

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Articolo pubblicato il 30/04/2020